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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL 4° INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE
Manila, Sabato 25 gennaio 2003

2. So che nella sessione teologico-pastorale appena celebrata avete approfondito il tema: "La famiglia cristiana, buona notizia per il terzo millennio". Ho scelto queste parole, in vista del vostro Incontro Mondiale, per sottolineare la missione sublime della famiglia che, accogliendo il Vangelo e lasciandosi illuminare dal suo messaggio, assume il doveroso impegno di diventarne testimone.

Carissime famiglie cristiane: annunciate con gioia al mondo intero il tesoro meraviglioso di cui, come chiese domestiche, siete portatrici! Coniugi cristiani, nella vostra comunione di vita e di amore, nel vostro dono reciproco e nell'accoglienza generosa dei figli, siate in Cristo luce del mondo! Il Signore vi chiede di divenire ogni giorno come la lampada che non rimane nascosta, bensì è posta "sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa" (Mt 5,15).


3. Siate innanzitutto "buona notizia per il terzo millennio" vivendo con impegno la vostra vocazione. Il matrimonio che avete celebrato un giorno più o meno lontano è il vostro modo specifico di essere discepoli di Gesù, di contribuire all'edificazione del Regno di Dio, di camminare verso la santità a cui ogni cristiano è chiamato. I coniugi cristiani, come afferma il Concilio Vaticano II, compiendo il loro dovere coniugale e familiare, "tendono a raggiungere sempre più la propria perfezione e la mutua santificazione" (Gaudium et spes, 48).

Accogliete pienamente, senza riserve, l'amore che nel sacramento del matrimonio Iddio vi dona per primo e con il quale vi rende capaci di amare (cfr 1 Gv 4,19). Rimanete sempre ancorati a questa certezza, la sola che può dare senso, forza e gioia alla vostra vita: l'amore di Cristo non si allontanerà mai da voi, non verrà mai meno la sua alleanza di pace con voi (cfr Is 54,10). I doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili (cfr Rm 11,29). Egli ha impresso il vostro nome sulle palme delle sue mani (cfr Is 49,16).