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vai all'indice delle "Pagine (da) Leggere" Un gabbiano che sta per spiccare il volo. Pagine leggere, pagine da leggere. Per sorridere. Per riflettere. Per approfondire. dal Supplemento ad Avvenire del 26 maggio 2002, n. 53 Anno VI
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RADIOGRAFIA DEL TRADIMENTO/LA RICONCILIAZIONE
E POI CI PERDONIAMO Andare oltre le ferite, verso la guarigione di Sante e Antonietta Mondardini «Una bella signora dai lineamenti marcati, sui quarantacinque anni, A.A, raccontava, quasi sussurrando: «Nulla avrebbe mai potuto separarci; all'inizio, quando eravamo insieme, tutto intorno a noi prendeva il colore di ciò che vivevamo nel cuore l'uno per l'altro. Ci sposammo, perché non potevamo più vivere un minuto lontani. La nascita di nostra figlia fu un' altra straordinaria benedizione del Signore. Quando X.Y. mi ha detto che si era innamorato di un'altra e che aveva una relazione con lei, è stato come mi avessero risucchiato l'anima». «”Chi te lo fa fare di stare insieme con persone del genere? Anche tu hai diritto alla tua vita. Lascialo/a; vieni via”. Questa forse è la soluzione più comprensibile, la più accettabile. Prova a dire tu: "Il matrimonio è per sempre", o "Vivi il perdono, il Signore ci ha insegnato questo". Belle frasi, ma... bisogna passarci, prima di parlare». È vero, è cosi, ma il perdono non è una mesta rassegnazione a una situazione immodificabile, è una proposta di vita. «Bisognava pur fare festa e rallegrarsi» (Lc. 15,32). Sapere trovare nel perdono il momento pasquale, la gioia di una resurrezione a vita nuova, è guardare con gli occhi dell'amore. «La speranza vede la spiga, quando i miei occhi di carne vedono soltanto un seme che marcisce» (Primo Mazzolari). Quando si parla di queste situazioni di adulterio, le definiamo "estreme" e noi ce ne sentiamo fuori; riguardano altri. La realtà è che tutti abbiamo un/a amante. «Prometto di esserti fedele sempre, nella salute e nella malattia e di amarti e onorarti». Forse non tutti abbiamo focalizzato che ogni giorno queste parole, che altro non sono che il verbo "amare", vanno riempite della carne e del sangue del nostro vissuto, vanno concretizzate nel quotidiano; inoltre, cosa su cui non siamo abituati a riflettere, è la relazione fra noi che è Sacramento ed è tale solo se è essa al centro della nostra vita (al primo posto assoluto); è a questa relazione che dobbiamo essere fedeli sempre, non tanto all' altro come individuo, ma al "noi coniugale". Non è tanto l'altro il centro, quasi un idolo da venerare, non l'altro che ci dà vita, ma la relazione d'amore è l'aria che si deve respirare nella coppia e che dà vita a ciascuno dei due. Allora l'amante è tutto ciò che mettiamo al primo posto, davanti a questa relazione: è il lavoro e la carriera, quando diventano il centro della vita; il telecomando, lo sport, gli hobby, l'ordine e la pulizia della casa, i figli, e persino le attività benefiche, quando finiscono al primo posto; la cefalea come scusa a un intimità, l'unità fatta ciascuno al 50%, invece della consapevolezza che nella relazione ciascuno deve investire il 100%. Le differenze viste come ostacolo alla realizzazione personale; la fusione di coppia come ideale... Queste sono altrettante infedeltà, quanto quelle compiute con una terza persona. La relazione di coppia è il corpo mistico della "piccola Chiesa" (Ef. 5,28) e va trattata come si tratta un corpo di carne. Non si può, non è umano, poter vivere senza mai ferirsi nel corpo, così non esiste una relazione interpersonale vissuta nell'autenticità, senza ferite. Ogni giorno le piccole o le grandi delusioni, le piccole amarezze o i grandi dolori ci accompagnano. Nessuno getta via l'intero corpo perché una parte è ferita, anzi cura quella parte più di tutto il resto, perché se soffre quella parte soffre tutto il corpo, cosi questo prendersi cura di ciò che duole è parte del vivere quotidiano. Allo stesso modo non si può parlare di relazione matrimoniale (tanto meno di Sacramento), se non c'è il perdono come dimensione essenziale. La nostra relazione di sposi è un cammino per diventare santi. Santo è colui che è capace di amare. Questa è un'abilità che richiede esercizio. Essere in cammino vuoI dire essere persone che sono partite da qualche dove, ma che non sono arrivate. E la strada è un sentiero di montagna, più sali, più ti spalanca orizzonti, ma ci si graffia e a volte si cade e ci si ferisce. Per questo Egli ci ha chiamati in due, per soccorrerci a vicenda come alleati fedeli, fra i quali, nei momenti difficili, il più forte solleva il più debole, non per contratto con clausole e rivendicazioni, ma per affinità e scelte. Nella coppia ci si ferisce per “parole, opere e omissioni”. Le omissioni sono tante; spesso si ha l'impressione di essere buoni mariti, perché si è sempre presenti in casa, ma non ci si accorge che lo si è come oggetti di mobilio, immersi nel computer o nel giornale; o buone mogli, perché a tavola non manca nulla, però manca il tono dolce della voce, la tenerezza, la passione. Quasi sempre uno cerca fuori casa ciò che gli manca fra le pareti domestiche e che non ha il coraggio di chiedere né si assume la responsabilità di favorire. Quando ci si ferisce bisogna avere il coraggio di chiedere perdono; questo non vuoi dire scusarsi di qualche cosa, perché scusarsi è giustificare il proprio operato come causato da forze estranee, quasi indipendenti dal nostro volere. Bisogna dare il perdono. «A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi» (Gv. 20,23). E, infine, bisogna vivere il perdono: «Bisogna fare festa» (Lc 15,23), ossia vivere il perdono fino in fondo, senza rivangare i propri "se" o i "sì, però". Il perdono è il primo passo per la "guarigione". Allora ci aiuta ancora l'immagine della ferita: bisogna riconoscere di essere stati feriti e di avere ferito, guardare come la ferita si è prodotta, riconoscere ciascuno la propria parte di responsabilità, non per accusare, né per discolparsi, ma per evitare di ferirsi ancora; poi bisogna cucirla e medicarla (dare e ricevere il perdono) e quindi inizia il processo della guarigione. Fra il perdonarsi e la guarigione occorre tutto un cammino di dialogo, di fare l'amore, di pregare, che lentamente o velocemente, a seconda della ferita, porta alla guarigione, che a volte avviene anche con mutilazioni e cicatrici. Nel matrimonio Sacramento, la guarigione è il dono sacramentale specifico; c'è, è insito nel Sacramento stesso; occorre solo fare il primo passo. «Quando ho visto A.A. raggrinzire nel dolore, ho provato un enorme rimorso, ma non mi rendevo ancora veramente conto de male che avevo fatto - quasi bisbigliava X.Y. con la voce strozzata, stringendo le mani A.A. che lo guardava con amore rinnovato -.Sono stati momenti difficili, duri, ma il perdono ci ha guariti». «Ho capito -aggiungeva AA. - che anch'io avevo la mia parte di responsabilità: avevo la mia casa, la mia bella figlia, sapevo che io e X.Y: ci amavamo, avevo dato troppe cose per scontate». «La cosa più difficile da superare, comunque, è stato perdonare me stesso - spiega; va X.Y. -. Sono dieci anni che, per l'amore di Dio abbiamo ritrovato il nostro matrimonio, e non solo l'amore dì mia moglie e mia figlia, ma anche la vicinanza e il perdono degli amici e della Chiesa mi aiutano a riconciliarmi con me». Noi cristiani dobbiamo continuamente ricordarci che l'amore non si merita, né si guadagna; ci si può solamente stare dentro, perché «In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati» (1 Gv., 10) e «Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5,8). Sante e Antonietta Mondardini |
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