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PER-CORSO DI PREPARAZIONE AL MATRIMONIO

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02.09.2001

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Brano commentato

1Partito di là, si recò nel territorio della Giudea e oltre il Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli l'ammaestrava, come era solito fare.
2E avvicinatisi dei farisei, per metterlo alla prova, gli domandarono: "È lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?". 3Ma egli rispose loro: "Che cosa vi ha ordinato Mosè?". 4Dissero: "Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di rimandarla". 5Gesù disse loro: "Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. 6Ma all'inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina; 7per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola. 8Sicché non sono più due, ma una sola carne. 9L'uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto". 10Rientrati a casa, i discepoli lo interrogarono di nuovo su questo argomento. Ed egli disse: 11"Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei; 12se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio".

Marco 10,2-12

Brano parallelo

1Terminati questi discorsi, Gesù partì dalla Galilea e andò nel territorio della Giudea, al di là del Giordano. 2E lo seguì molta folla e colà egli guarì i malati. 3Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: "È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?". 4Ed egli rispose: "Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: 5Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? 6Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo: non lo separi". 7Gli obiettarono: "Perché allora Mosè I ha ordinato di darle l'atto di ripudio e mandarla via?". 8Rispose loro Gesù: "Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu cosÌ. 9Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un'altra commette adulterio".

Matteo, 19,1-9

Brano di riferimento V.T.

1Quando un uomo ha preso una donna e ha vissuto con lei da marito, se poi avviene che essa non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato in lei qualche cosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio e glielo consegni in mano e la mandi via dalla casa. 2Se essa, uscita dalla casa di lui, va e diventa moglie di un altro marito 3e questi la prende in odio, scrive per lei un libello di ripudio, glielo consegna in mano e la manda via dalla casa o se quest'altro marito, che l'aveva presa per moglie, muore, 4il primo marito, che l'aveva rinviata, non potrà riprenderla per moglie, dopo che essa è stata contaminata, perché sarebbe abominio agli occhi del Signore; tu non renderai colpevole di peccato il paese che il Signore tuo Dio sta per darti in eredità.

Deuteronomio 24,1-4


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L'INCONTRO CON CRISTO RIVELA LORO L'AMORE NUZIALE

È LECITO IL DIVORZIO?

(Mc 10,2-12)

Il titolo del passo del Vangelo di Marco, che abbiamo letto, e del passo parallelo del Vangelo di Matteo è veramente significativo: Questione sul divorzio, come a sottolineare che al tempo di Gesù, come d'altronde anche oggi, quello del divorzio era un problema rilevante nella società.
Entriamo un po' più nel dettaglio con alcune sottolineature.
"2E avvicinatisi dei farisei, per metterlo alla prova"; dunque i Farisei sanno che questo è un argomento scottante, con tutta probabilità perché Gesù si è già pronunciato su questi argomenti in termini non perfettamente in linea con la mentalità diffusa e cercano di metterlo alla prova ponendogli una specie di trabocchetto che qui viene proposto con:
"è lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?". È una domanda di tipo chiuso a cui ci attende la risposta con un "sì" o con un "no": qualsiasi risposta Gesù avesse data essi avrebbero trovato motivo per metterlo in difficoltà di fronte alla legge ebraica o di fronte all'autorità romana.
Nel testo parallelo, Matteo aggiunge "per qualsiasi motivo". È proprio questo particolare che ci fa capire qual era il problema. Al tempo di Gesù l'interpretazione di questa Legge, appunto la Legge
del Ripudio (Dt 24,1-4), si divideva in due correnti, due scuole rabbiniche molto diverse:
c'era una scuola di tipo rigorista ed una di tipo lassista. La scuola di tipo rigorista (del rabbì Shammai) diceva che solo l'adulterio è ragione sufficiente per ripudiare la moglie e la scuola di tipo lassista (del rabbì Hillel) arrivava a dire proprio "per qualsiasi motivo" e l'esempio che si portava era quello di lasciar bruciare il soffritto.
"Che cosa vi ha ordinato Mosè?". 4Dissero: "Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di rimandarla"
Il legalismo dei Farisei nasconde in realtà un gretto egoismo e l'incomprensione dell'autentico significato della coppia e della sessualità umana nel progetto di Dio.
Le parole di Gesù sono caratterizzate dall'attenzione alla volontà di Dio, letta nella S. Scrittura, che ha valore di comandamento; quelle dei farisei invece rispecchiano la mentalità legalistica, che fa sentir loro il bisogno del "permesso".
L'intento originario della Legge era quello di regolamentare la prassi del divorzio in modo anche da tutelare la persona più debole, cioè la donna, contro gli arbìtri del maschio, che aveva il dominio totale nel contratto matrimoniale.
Era solo lui che poteva dare o no alla donna il documento del ripudio.
La legge è però anche insieme una ratifica del diritto del più forte, cioè del maschio, che avendo comperato la donna con regolare contratto e baratto di beni ne dispone e ha potere su di essa come su qualunque altra cosa di sua proprietà o acquisto.
Il divorzio non è solo la ratifica del dominio del più forte, ma addirittura del dominio dei "più forti" tra i maschi, cioè dei ricchi, che potevano concedersi non solo il divorzio ma anche la poligamia.
L'odierno divorzio è il concetto giuridico più vicino a questa prassi ebraica.

Gesù però non cade nel trabocchetto, non prende posizione per l'una o per l'altra scuola ma capovolge completamente il principio riportando non tanto la Legge ad una interpretazione più o meno rigorosa ma riportando il progetto originale del Creatore.
"Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. 6Ma all'inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina; 7per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola.
Gesù soddisfa i suoi avversari perché la sua risposta è contro la legge che ammette il divorzio, in nome di ciò che era all'inizio della creazione. Gesù così denuncia le ambiguità della legge che viene manipolata per il dominio e lo strapotere del più forte e proclama iniziato il tempo nuovo.
A partire da questa risposta di Gesù si possono distinguere tre grandi fasi nella storia del matrimonio, che più in generale forse sono proprio la storia del mondo.
C'è un primo momento che è il progetto di Dio; un secondo momento è questo tempo della durezza del cuore; un terzo momento è da "quando Gesù rinnova le cose, riportando, come proposta, il progetto del Creatore".



Nel testo parallelo di Matteo notiamo l'espressione "da principio non fu così. Perciò io vi dico", cioè la possibilità di cogliere come la verità del matrimonio è quella che è uscita dalle mani di Dio, è frutto di questo ascolto di Gesù, di questo ascolto che non è solo di parole ma di quel modello di amore che è Gesù: Dio aveva sognato per la coppia un'unità assoluta.
Il brano non può essere inteso come la riproduzione di una legge: è al contrario uno dei più potenti annunci del Vangelo, cioè dell'amore di Dio concesso all'uomo in Gesù: l'uomo e la donna si amano come Gesù ci ha amato e per questo il matrimonio diventa sacramento perché l'amore degli sposi è segno efficace dell'amore di Cristo per la Chiesa fino a dare il suo corpo per la vita dell'altro.
Le parole di Gesù conferiscono al matrimonio una dignità altissima, ben al di là della concezione che ne aveva sia il giudaismo sia il mondo pagano sia - se vogliamo attualizzare - il mondo attuale.
È proprio il Signore Gesù il punto di partenza di questa nuova comprensione, ma che è, in realtà, la verità che era fin dall' origine.
Il motivo per cui questo progetto è Stato ferito lungo la storia Gesù lo indica nella "durezza del cuore" (sclerocardìa).
Notiamo che non dice "a motivo della vostra durezza", che, avanzando il peso di condizioni concrete, convaliderebbe anche agli occhi di Gesù la norma che si fa risalire a Mosè.
Nel linguaggio biblico il cuore è qualcosa di diverso da quello che noi abitualmente intendiamo con queSta parola: non è la sede dei sentimenti ma è molto di più, la sede delle decisioni; è l'equivalente della nostra coscienza per cui la durezza del cuore è sì l'incapacità di amare ma anche l'incapacità di comprendere. Mi sembra che si debba sottolineare proprio questo perché il ripudio è proprio frutto di questa incomprensione di che cosa è l'uomo e di che cosa è la donna, certo non disgiunti da questa incapacità di amare; ma io vorrei sottolineare in particolare questa fatica a comprendere perché mi sembra che proprio il motivo di quelle che, poi, il testo indica come le caratteristiche del matrimonio siano prima di tutto da comprendere come valori.
"Per la durezza del vostro cuore", questa è una considerazione in qualche modo sconvolgente perché intanto la Legge di Mosè è Legge di Dio. È Dio che ha permesso il divorzio? È una delle grandi domande. Quindi c'è stato un periodo della storia in cui era legge di Dio questa possibilità e Gesù non dice "è finito questo periodo"; ma dice "all'inizio della creazione", cioè prima della Legge e certo prima del peccato il progetto di Dio non era questo e dalla presenza di Gesù in poi si ripropone la condizione originaria.
Ma quanto dura il Vecchio Testamento? Per chi vale il Vecchio Testamento? A queste domande c'è una bellissima risposta di S. Tommaso che dice: "il Vecchio Testamento non ha confini cronologici; i confini sono la grazia, sono l'accoglienza di Gesù".
Questo arriva a dire che si può ipotizzare che il Vecchio Testamento continui anche adesso perché in fondo solo chi conosce Cristo ritorna al concetto originario, ritorna esattamente alla natura.
Ma c'è un indurimento del cuore -che in fondo è la cultura, il modo di pensare -c'è questa incapacità di cogliere un'antropologia che faccia riferimento alla natura e non a ciò che è normale a livello culturale-sociologico.
Questa pagina del Vangelo non pone categorie: dall'anno zero è iniziato; dice il progetto permane, ma ci sono state epoche della storia in cui Dio stesso ha permesso ; questo è possibile perché Gesù ci permette di cogliere la vera natura.
Certamente solo questo riferimento alla natura ed a Gesù è riferimento che libera l'uomo, perché indubbiamente questa Legge del Ripudio era intanto una legge discriminante tra uomo e donna quindi colpiva la dignità; era una legge, in qualche modo, schiavizzante.
Quindi cercare delle ragioni antropologiche va nello stesso senso che cercare delle ragioni cristologiche, per dirlo con una parolona. Non dobbiamo scandalizzarci di fronte a chi ha il cuore indurito, ma dire con fermezza: io ti annuncio una lieta notizia che libera l'uomo.
Questo mi sembra debba essere l'atteggiamento del cristiano che ha da offiire qualcosa di estremamente più bello, che è l'unico che può cogliere l'uomo nella sua piena libertà e nella sua piena dignità.
Spesso succede che l'indissolubilità sia concepita come un legame, come una catena, come un peso.
A me sembra, invece, che bisogna comprenderla per quella che è, che è un regalo stragrande; che intanto è il segno della dignità della persona e che è il più bell'augurio che si possa fare ad uno: cioè, a 90 anni andare ancora a spasso mano nella mano e l'essere sicuri di questo è la cosa più bella che ci possa essere, perché dire: "Ma che cosa succederà? Mi avrà piantata?" è qualcosa di angosciante. Ma ancora di più è il frutto di questa scoperta della dignità della persona.
Nella Lettera alle Famiglie il Papa dice: L'amore fa sì che l'uomo si realizzi attraverso il dono sincero di sé: amare significa dare e ricevere quanto non si può né comperare né vendere, ma solo liberamente elargire.
*Il dono della persona esige per sua natura di essere duraturo ed irrevocabile.
*L'indissolubilità del matrimonio scaturisce primariamente dall'essenza di tale dono: dono della persona alla persona.
*Solo il rapporto con la persona esige totalità; è solo la totalità che è rispettosa dell'essere persona, che vuol dire io prendo te, ti prendo tutto, non prendo solo le prestazioni del tuo corpo, non prendo solo la gratificazione che mi rendi, ma ti prendo tutto così come sei.
*Allora questa totalità è rispettosa della persona, per questo mi sembra proprio che la durezza del cuore è quella che impedisce di cogliere in fondo il valore della persona.

Così anche l'unità, la fedeltà e la fecondità sono doni, non sono pesi di cui si fa carico chi si sposa.
Ed allora questa concezione del matrimonio che Gesù ci presenta definisce nel suo complesso una nuova fase di civiltà; è una civiltà in cui la persona vale come persona.
Ecco, solo se si riesce a capire e a vivere questo mi sembra si possa davvero scoprire il matrimonio in tutta la sua bellezza e scoprire come questo progetto di Dio è davvero quello che più di ogni altro realizza l'uomo, realizza anche le sue aspirazioni più profonde.

Con questo io non so proprio se la Legge stessa di Mosè ed anche quello che dice Gesù ci invita ad una certa compassione nei confronti di chi queste cose non le vive, non le capisce, non le sperimenta. Noi dovremmo dire "poverini!"; cioè, non è che siano esuberanti perché hanno tante d(inne; sono poverini perché non riescono a capire che cosa vuol dire il valore di una persona e qu/.ndi sono bisognosi di aiuto perché possano aprirsi a questa pienezza anche di umanità."
Rispetto a quello che propone l'ambiente -ieri come oggi -c'è una ricchezza che si deve cogliere e questo può avvenire solo se l'amore è completo.

Dalle risposte dei questionari che sono stati compilati possiamo affermare che, indipendentemente da quella che è la formazione, la cultura, l'ambiente, la fede che ci e vi distinguono "dignità e libertà" della persona sono senz'altro quelle più gettonate anche se talvolta espresse in forme più articolate. Questo ci fa capire che anche oggi questi sono "valori naturali" generalmente condivisi. L'uomo non è una cosa, ma una persona, ovvero una sostanza informata da uno spirito razionale e libero ovvero "un essere che sussiste in sé ed è dotato di ragione".
Non sono una cosa! Il riferimento dunque è la dignità della persona: se io non mi sento accolto come persona non riesco a prendere quota; nella misura in cui mi sento accolto pienamente sono libero. La ragione dell'indissolubilità è la libertà della persona. Se uno non si sente accolto pienamente -quindi c'è lui e solo lui -non è libero di esprimere se stesso.
È opportuno soffermarci un momento su quello che si intende per legge naturale: è ciò che è conforme alla natura dell'uomo intendendo questa non in senso biologico - fisiologico ma in senso antropologico -metafisico.
Facciamo un esempio banalissimo. Prendiamo una sedia; qual è la legge naturale della sedia: che serva a mettercisi a sedere sopra, allora è conforme alla natura per quest'unico scopo. Se uno dice, ma è di legno ed allora me ne servo per fitr fuoco nel caminetto sbaglia tutto perché se è vero che è di legno -che è la sua natura biologica -questo non è conforme alla natura, all'essenza, alla fmalizzazione della sedia che è per mettercisi a sedere.
Alla stessa maniera se uno usa la sedia come bastone!
La legge naturale è ciò che rispetta la natura, cioè l'identità, la finalità e la dignità della persona e non è scritta da nessuna parte; è conseguenza di ciò che noi riusciamo a cogliere dell'uomo e nella misura in cui noi riconosciamo questa dignità inviolabile della persona ne deriva anche un comportamento conforme, rispettoso di questa dignità e libertà e così via.
In questo modo la legge naturale, per così dire, è liberata da tutti i condizionamenti ideologici, culturali perché non si riconduce alla cultura ma alla cosa in sé; più noi conosciamo l'uomo più noi conosciamo la natura e di conseguenza la legge naturale.
Qual è il fine dell'uomo? Il fine è essere sé stesso; di essere pienamente libero, pienamente cosciente delle proprie azioni nella relazione; è l'essere pienamente libero di esprimersi con gli altri; cioè io sono me stesso quando ho relazioni positive: la mia identità, la mia libertà è la stessa cosa del mio essere per gli altri.
La donna e l'uomo sono eguali: non c'è più né maschio né femmina (GaI3,28) come divisione e subordinazione, perché ambedue sanno capire che l'altro non deve mai essere oggetto di possesso: non si può far valere e prevalere la propria sete di dominio sul coniuge. Le condizioni dell'amore (e della sequela) non sono quelle del possesso, ma del dare la vita se si vuole liberarla. Non è il dominare e l'avere che realizza l'uomo. L'importante non è il comperare e l'avere ma il donare e l'essere gli uni per gli altri.
La conclusione di Gesù "l'uomo non separi ciò che Dio ha unito" non enuncia una prescrizione di carattere legale bensì un impegno fondato su una relazione interpersonale, quindi ancora più esigente e vincolante, radicata nella stessa realtà di Dio, che ha creato l'uomo e la donna a sua immagine e somiglianza.
Gesù in questo modo non solo si oppone al costume dell'epoca ma toglie anche ad ogni autorità umana il diritto ed il potere di legiferare su questo argomento, che coinvolge la natura stessa dell'uomo: l'ha già fatto lui, il Signore.
Ma a questo punto il cerchio si chiude: è Cristo l'uomo perfetto, per cui il diventare uomo significa somigliare sempre di più a Gesù, a questa sua capacità di donare se stesso, di essere se stesso: lui è l'uomo per gli altri.
Anche il matrimonio è così: uno è tanto più se stesso quando è capace di essere per, quando fa di sé un dono; uno è tanto più libero quando il suo atteggiamento permanente è questa libertà ed accoglienza.
Gesù che discende dal cielo per farsi uomo fa della divinità e dell'umanità una cosa sola!
Ed è questo che rende il matrimonio un sacramento, perché l'unione dell'uomo e della donna sono un segno (sacramento) di questa unione tra l'umanità e la divinità in Gesù.
L'amore dello sposo per la sposa è il segno di questo amore che Cristo ha per la Chiesa.
E in fondo questo è proprio il senso del sacramento, che quell'unione naturale tra l'uomo e la donna diventa il segno di questa realtà che va oltre ogni dimensione e ogni realtà umana, che è l'amore tra Cristo e la chiesa, facendo delle caratteristiche del matrimonio le stesse caratteristiche di questo amore.
È un amore non solo indissolubile, ma eterno, che neppure la morte può vincere.
È un amore fedele perché in fondo Dio non ha altro che l'uomo. Ma la fedeltà non è solo all'altro ma soprattutto a sé stesso perché è la misura della propria capacità di amare, che supera ogni prova, che non si lascia tarpare le ali dalla quotidinianità e che rinvigorisce le ali contro ogni tempesta.
È un amore totale fino a dare la vita non solo in un anelito supremo ma sapendo pagare i costi di ciò che si vuole ottenere cominciando dalle piccole cose, vincendo la propria naturale fragilità perché si è sciolta la durezza del proprio cuore nell'unità di un'unica persona (una sola carne).
È un amore fecondo perché è ciò che esalta la missione degli sposi e dei genitori di generare non solo figli per questo mondo ma figli per il Regno.
È proprio pensando al matrimonio che possiamo cogliere il senso della tristezza della separazione, del distacco (dalla famiglia di origine), ma soprattutto per chi ama, per chi vuol bene anche agli sposi anche la gioia, perché questa separazione dà inizio a un nuovo modo di vita, che è esattamente la gloria.
Ricordando la formula del consenso matrimoniale dove gli sposi dicono "prometto di amarti ed onorarti" si comprende che non è solo un amore ma anche il "darsi onore". Già di per sé l'amore è la cosa che più esalta la persona perché il valore di sé uno lo percepisce quando viene amato, ma è proprio una caratteristica dell'amore coniugale, di un amore che non solo vuole il bene dell'altro ma vuole la gloria, l'onore dell'altro, riconoscendo lo pari nella dignità, riconoscendo lo chiamato a condividere la stessa sorte, la stessa eredità di gloria.
E questo diventa davvero il comando che Gesù risorto affida ai suoi discepoli di andare in tutto il mondo e annunciare il Vangelo; e questo annuncio del Vangelo è ancora, in fondo, la vita matrimoniale perché l'annuncio del Vangelo è l'annuncio della Pasqua di Gesù, di questo amore che è più forte della morte. Gli sposi sono chiamati ad annunciare e a testimoniare con la loro vita questa lieta notizia di un amore che è più grande di ogni altra cosa, che diventa più grande della morte.
È il battesimo il segno distintivo del matrimonio cristiano perché i battezzati, rigenerati ad una nuova vita che è la Pasqua di risurrezione, con esso annunciano l'Amore oltre la morte.
Il riferimento al Signore Gesù non è che renda diverso il matrimonio tra due cristiani rispetto al matrimonio di tutti gli uomini e le donne, ma fa cogliere in profondità quelle dimensioni che sono esattamente le dimensioni naturali proprio perché esaltano la dignità dell'uomo e ne fa cogliere la prospettiva che è una prospettiva di pienezza che supera ogni orizzonte, dove la promessa "di amarti per tutta la vita" non si ferma con la morte, perché quando un cristiano pensa alla vita pensa sempre alla vita eterna. È per questo che l'amore di due battezzati diventa un sacramento anzi "res et sacramentum".
Per la teologia medioevale tutti i sacramenti sono segni efficaci ma per il matrimonio c'è qualcosa in più. Sacramento significa segno; un segno è una realtà che rimanda ad una realtà ulteriore. Se prendiamo ad esempio un segnale stradale, per esempio un X, questo segno rimanda ad una realtà ulteriore e cioè che lì a poco, di lì a 150 metri ci sarà un incrocio e quindi il segnale richiama l'attenzione non al segno in sé ma alla realtà significata.
Analogamente tutti i sacramenti sono segni che devono essere compresi non in sé stessi ma per quella realtà che essi richiamano.
Qual è il segno dei sacramenti?
Prendiamo l'Eucaristia, come sacramento centrale. Il segno è il pane ed il vino; il pane ed il vino sono il segno di quella realtà che è il corpo ed il sangue del Signore; però il pane non c'entra niente con il corpo del Signore, il corpo del Signore è tutt'altra cosa rispetto a quel segno che è il pane ed il vino; perciò dice la Teologia medioevale che è "sacramentum tantum", è "solo" un segno. Così per il Battesimo l'acqua. L'acqua è il segno della partecipazione alla Pasqua di Gesù: sepolti per risorgere, questo era il significato dell'immersione e della riemersione; però l'acqua con la Pasqua di Gesù non c'entra niente, è un segno che rimanda ad una realtà tutt'altra.
E si potrebbe ripetere così per tutti i sacramenti.
Il matrimonio è un sacramento cosiddetto sui generis, perché il segno non è "sacramentum" tantum" ma "res et sacramentum", cioè l'unione degli sposi non è soltanto un'unione che rimanda: è ad un'altra realtà, ma è già una realtà in sé, è quella reale unità che si crea tra due, un uomo ed una donna che si vogliono bene, si donano e si accolgono reciprocamente. Questa realtà è anche segno (et sacramentum) di quella realtà che certo è tutt'altra, ma che non vanifica il segno, che è l'unione di Cristo e della Chiesa, l'unione della divinità e dell'umanità in Gesù, che è totalmente Dio ed è totalmente uomo (due nature in una sola persona). Ma questo fa dire che perché il matrimonio sia segno occorre che ci sia la realtà, cioè non una qualunque unione ma solo quell'unione di due che in fondo diventano una cosa sola; cioè non si può prescindere dalla natura, dalla realtà naturale pensando che la grazia si realizzi comunque. Perché ci sia la grazia occorre che ci sia prima la realtà naturale. E questo vuoi dire che quei due che si sposano devono essere capaci anche umanamente di realizzare questa unione perché la grazia perfeziona ma non supera, non travalica la natura, al punto che se non c'è la realtà naturale non c'è il sacramento.
Se quindi i due, quando si sono sposati, non erano capaci di una unione vera, con queste caratteristiche, non si sono donati con quella totalità, con quell'impegno di fedeltà e di fecondità che l'unione coniugale richiede, non c'è stato sacramento.
Le caratteristiche dell'amore coniugale che sono unità, fedeltà, fecondità ed indissolubilità sono caratteristiche sia del matrimonio naturale che del matrimonio sacramento: il sacramento quindi esplicita e rivela una realtà che deve essere già presente.
Questo tipo di matrimonio è davvero il più ricco ed anche il più gratificante; l'indissolubilità non è allora un legame, ma un aiuto: l'indissolubilità si collega direttamente alla libertà; io sono libero perché so che l'altro mi ha preso tutto per cui posso far quel che mi pare, posso essere me stesso sempre. Sapersi di essere accettato per come si è! Non mi devo truccare.
Come è diverso se, invece, stasera tomo a casa, ma non so se lei c'è perché questi sono i patti tra noi!
Qual è la fatica più grossa che facciamo? È proprio quella di creare o mantenere riserve, barriere ecc. creare steccati per difenderci dal mondo, dagli altri, per preservare la nostra privacy; l'unico posto dove si può essere senza riserve è proprio con la persona che ami e che ti ama.
Il matrimonio allora non è un vincolo ma un dono!
Il matrimonio è considerato come un atto; invece il sì bisogna dirlo ogni giorno, ogni momento, ogni istante.
Proprio perché il mondo va male c'è bisogno di gente che lo trasformi in meglio, c'è bisogno di più di mettere al mondo, di educare, di costruire un mondo migliore, ma non possiamo aspettarci che la società venga cambiata dall'alto, ognuno di noi può contribuire al cambiamento.



(Deregistrato da G.M.)

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Pagina pubblicata il 2 settembre 2001