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dal Supplemento ad Avvenire del 27 maggio 2001, n. 42 Anno V
Un editorialista laico attacca: la famiglia non esiste più Ma tra i giovani resta il primo valore
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L'autore
Dino Boffo è il direttore di Avvenire.
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Perdonami A. Galli, giugno 2000
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EDITORIALE
C'era una volta la Famiglia E c'è ancora
di Dino Boffo
Caro Curzio Maltese, abbiamo letto il suo intervento sul "Venerdì" dello scorso 4 maggio, intitolato "C'era una volta la Famiglia", con tanto di enfatica maiuscola. La Famiglia, lei dice, non esiste più. Quella degli anni Sessanta e Settanta. Eppure di quella si sente parlare, di quella disquisisce la politica. Qui in Italia, oggi, al contrario del resto d'Europa, più saggia perché realistica.
Evidentemente leggiamo giornali e guardiamo televisione e film molto diversi. Le famiglle (meglio una minimalista minuscola) sono tutte in crisi, lei dice, rotte o sul punto di rottura, ricomposte, fratturate, assenti. Sono "famigliastre". La stessa "famigliola da spot", da lei citata, è spesso mancante di qualche pezzo classico, ad esempio il padre, e il figlio è sempre più spesso unico. Anche se è vero, il settore dello spot è quello, tra tutti i mass-media, in cui la famiglia - come definirla? - "doc" resiste. Perché? Ma appunto, che cos'è uno spot? Un esercizio di neorealismo rosselliniano, o un'incursione nel territorio del sogno, della paura come del desiderio?
Lo spot non dipinge mai la realtà com'è, ma come ci piacerebbe che fosse. Certo non le sarà sfuggito che da quindici anni, nelle periodiche inchieste lard sulla condizione giovanile, la famiglia viene indicata dai giovani italiani come il primo valore in assoluto, sì, prima dell'amore, dell'amicizia, del lavoro, del denaro, della fede. La spiegazione non è difficile: si desidera ciò che ci manca, o ciò che temiamo ci possa sfuggire.
La famiglia è in crisi. Spesso è una crisi positiva, che aiuta a crescere e a costruire famiglie vive e autentiche, non fondate su certe sottili ipocrisie e certi pusillanimi silenzi del passato, denunciati peraltro con dolore e passione, talvolta perfino con compiaciuta ferocia, da romanzi e film. Spesso è però negativa, perché solo distruttiva.
Ma quante sono le famiglie che ancora tengono, fondate sull'amore, sul rispetto, sulla collaborazione, aperta ai figli, con due sposi che si sono promessi fedeltà per sempre davanti a Dio? E se fossero molte più di quante lei, Maltese, dal suo osservatorio riesce a vederne? Non c'è dubbio che il marziano in missione in Italia che decidesse di farsi un'idea di noi piazzandosi, appunto, davanti al televisore, avrebbe un'immagine devastante della famiglia, tanto da dichiararla morta e defunta. Sono famiglie quelle che trascinano i propri pezzi, con compiaciuto autolesionismo, da Maria De Filippi o Alda D'Eusanio? O quelle dei telefilm americani? O quelle della cronaca nera?
E quale effetto fa sugli italiani un simile bombardamento? Un effetto possibile, anzi probabile, è quello che la ricercatrice tedesca Noelle Neumann ha definito "spirale del silenzio". Un atteggiamento o un'idea o un orientamento politico ed etico, ampiamente minoritari, se riprodotti molte e molte volte attraverso i mass-media, reiteratamente, senza contraddittorio, ingenerano nella gente la convinzione che quelli siano atteggiamenti, o idee, od orientamenti maggioritari, buoni e giusti. E la induce ad assumerli.
Sta accadendo lo stesso con la famiglia morta e sepolta, «che non esiste più», di cui lei parla? E che tanti altri rappresentano, credendo forse che la propria esperienza personale sia paradigmatica? No. Le famiglie doc (chiamiamole così) esistono ancora. E sono tante. Ma non fanno notizia. Bisogna andarle a cercare nelle comunità, nelle scuole, sì, anche nelle parrocchie. Nel mondo gigantesco del volontariato, alimentato dal mondo altrettanto gigantesco delle famiglie doc. Che però amano i sussurri più delle grida. Resta poi un'ultima questione. Decisiva. Qual è il bene della società italiana? Deve rassegnarsi allo sbriciolamento, con i suoi costi esistenziali e sociali? O incoraggiare l'attivazione degli anticorpi? In altri termini, dov'è il progresso, dove il bene comune? Se il senso della famiglia si sta perdendo, dobbiamo attivarci perché vada ricuperato, o piuttosto lasciar fare? A questo ci piacerebbe che lei, che riusciamo ad apprezzare per la sua schiettezza, anche quando ama bastonare Chiesa e credenti, rispondesse. Se crede, anche su questo mensile. Un cordiale saluto.
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