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Mons. Gianfranco Fregni, responsabile per tanti anni dell'Ufficio pastorale della famiglia della diocesi di Bologna, Docente di Teologia pastorale allo Studio Teologico Accademico Bolognese è deceduto nell'agosto 1999.
Lo vogliamo ricordare con il suo intervento "Gli istituti e la promozione dell'amore coniugale e familiare nella loro specifica missione" tratto dagli Atti del Convegno "La Santa Famiglia ispiratrice della nostra forma di vita" svoltosi a Castelletto di Brenzone - VR - dal 28 al 31 agosto 1997.

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Gli atti integrali del convegno
"La Santa Famiglia ispiratrice della nostra forma di vita"
possono essere chiesti a: Piccole Suore della Sacra Famiglia
37010 Castelletto di Brenzone (Verona) - Lago di Garda
Tel. 0456 589 111 - Fax 0456 589 272
Posta Elettronica: segreteria@pssf.it
Sito: www.pssf.it


Il Centro G.P. Dore, promosso da Mons. Gianfranco Fregni, è "un'iniziativa di base. Alcune famiglie e persone, attraverso esperienze comunitarie, hanno maturato la convinzione che era un dovere, nell'attuale momento storico, contribuire a una "cultura della famiglia".



Nel sito dell'Ufficio Pastorale Familiare di Bologna è riportata una biografia di don Gianfranco e sono riportati altri 2 suoi brani nella sezione "interventi".

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I Parte - Dal Neminem fugit alla Familiaris Consortio.

Introduzione.
Nel 1892 c'è una lettera del papa che comincia con queste parole: Neminem fugit, che significa "A nessuno sfugge come il bene privato e pubblico dipenda principalmente dalla istituzione familiare".
Si tenga presente che questa affermazione è quella che apre il capitolo sulla famiglia nella Gaudium et spes. Vorrei sottolineare l'ambiente storico ed il contesto in cui è nato questo Breve apostolico.


Esso è l'espressione della cura pastorale del Papa riguardo alla famiglia, ma non come concetto generico, bensì verso le famiglie dei lavoratori. È un momento storico in cui la cura pastorale è rivolta verso coloro che sono in situazioni di povertà, in particolare i lavoratori, i minori sfruttati, la condizione in cui vengono a trovarsi numerosi capi famiglia, molti papà, quella, cioè, di non avere uno stipendio adeguato alle esigenze di mantenimento della propria famiglia. Quindi c'è un'attenzione non teorica, ma concreta alla famiglia. Diremmo con parole attuali: se l'attenzione deve essere rivolta agli ultimi, questa deve essere alle famiglie nel concreto, esistenti nelle condizioni di ultimi, o emarginate, o escluse. Questo è il nucleo della pastorale familiare: Preghiera ed obbedienza a Dio vissute nell'amore di Dio e del prossimo.
Il Papa sottolinea che il Regno di Dio avanza quanto più si realizza il progetto del creatore, che è anche quello che uomini e donne possano realizzare un loro disegno naturale che diventa vocazione, in cui si salvano reciprocamente. Si era soliti ridurre il matrimonio a remedium concupiscentiae. Se la parola remedium la prendiamo in senso liturgico della preghiera di preparazione alla comunione "L'Eucarestia sia rimedio dell'anima e del corpo", è medicina che guarisce. Se la famiglia è al centro del progetto, certamente lavorare per la famiglia è lavorare perché il regno di Dio avanzi: c'è una Incarnazione perché c'è bisogno di una Redenzione. La famiglia storicamente realizzata dagli uomini comprende anche la morte umana, non serve solo per salvare le persone, molte volte le distrugge, e constatiamo quante persone sono state distrutte dal matrimonio e dalla vita familiare, quindi esiste un'ambiguità, un'ambivalenza, per il peccato originale. L'Incarnazione e la Redenzione servono per riportare l'umanità nel progetto originario di realizzazione del creato: uomo e donna che devono diventare una cosa sola per salvare.


Il Papa indica la S. Famiglia come icona per tutte le famiglie, e qui siamo già in quello che abbiamo ascoltato, e dice anche che chiunque si ispiri alla S. Famiglia non può muoversi come se essa risultasse composta da una vergine, un celibe ed un ragazzo. Per definizione la famiglia è una comunità di persone in relazione d'amore tra di loro. Poi vedremo che la Redemptoris Custos, esortazione apostolica sulla figura e la missione di S. Giuseppe, è determinante per capire meglio la relazione d'amore vissuta dalla S. Famiglia.
Associazione delle famiglie
Da qui la validità del l'associazione delle famiglie cristiane. Già nel secolo scorso si è avuto un primo storico momento di promozione dell'associazionismo familiare, anche se non sul versante socio - politico o culturale o strettamente di spiritualità, ma da un punto di vista pastorale. In effetti la realtà ci porta a verificare come le famiglie da sole non si salvano, così come nessun credente da solo si salva, perché, come dice la Lumen Gentium, Dio non volle salvare le persone singolarmente senza alcun legame tra loro, ma volle costituire un popolo. Quindi anche le famiglie non possono salvarsi isolate tra di loro, senza alcun legame, implicitamente c'è già il discorso dell'associarsi, non soltanto come confraternita devozionale, ma anche come legame tra le famiglie per dare loro il senso di appartenenza alla Chiesa sia come singola famiglia, sia come realtà comunitaria di solidarietà.

Oggi l'idea di "associazione" tra famiglie ha fatto molti passi in avanti, ma allora nel 1895 Jean Bertié, missionario de La Salette, istituì la congregazione dei Missionari della S. Famiglia. In un libretto dei 1906, Il culto e l'imitazione della S. Famiglia, uscito a Parigi, per quello che poteva dire lui in quel momento, offrì metodi di pastorale familiare propri di quel tempo: l'iscrizione delle famiglie alla Associazione S. Famiglia, la preghiera alla S. Famiglia, il mese della S. Famiglia, la novena alla S. Famiglia e opere di carità. Tra queste ce n'è una, non solo simpatica, ma molto precisa, che lui chiamava il "Pasto dei poveri": tre pasti dei poveri che ogni famiglia poteva dare, uno in onore di Gesù, uno di Maria e uno di Giuseppe. Si inculcava così da subito l'idea che una santificazione o una spiritualità coniugale non può esprimersi solo con il dire delle preghiere, ma deve manifestarsi nella carità, e non in una carità vista come elemosina di soldi, ma una carità di attenzione, e ancora, di ospitalità dei poveri. Infine già da allora - siamo nel 1906 - anticipava una cosa che è riemersa oggi: il ritiro non "delle famiglie", ma "nella famiglia", e gli esercizi spirituali in casa per sette giorni, offrendo quello che la comunità di Caresto ha suggerito l'anno scorso con la pubblicazione del libro Esercizi spirituali in casa. t ciò che ha fatto poi il vescovo di Mondovì, quando non ha predicato in una casa di esercizi, ma ha organizzato una settimana di esercizi per le famiglie, facendole riunire alla mattina presto e alla sera quando tornavano dal lavoro e dando loro il compito di meditare nelle proprie case. Noi crediamo di proporre cose nuove, ma c'è chi ci ha preceduto.

Nel 1992 (centenario della Neminem fugit) il cardinale Sodano, a nome di Giovanni Paolo 11, ha scritto una lettera a padre Blanquet, riportata ne "L'Osservatore Romano" il 15-16 giugno, in cui suggerisce gli aspetti pastorali che il mistero della S. Famiglia insegna. Però siamo nel 1992, quindi ci sono già stati un Concilio e il Sinodo Mondiale dei Vescovi sulla famiglia. Dopo dirò qual è la differenza.

Questa dottrina considera il matrimonio come vera vocazione, la fonte più genuina dell'amore e della mutua santificazione, ricorda la necessità di essere solidali con altre famiglie, di saper condividere le difficoltà in cui vivono, di valorizzare la famiglia come segno della presenza di Dio, "chiesa domestica, vera comunità di vita, di orazione e di lavoro".

Pastorale familiare e "mistero" della S. Famiglia
Al "mistero" della S. Famiglia, perciò, si deve ispirare ogni formazione. È quello che ha sottolineato anche padre Blanquet: occorre andare oltre alla "devozione" e ad un approccio legato a modelli di vita oggi rifiutati, per parlare del Mistero. Il silenzio sulla S. Famiglia nella pastorale familiare è attribuibile a questa proposta di imitazione pedissequa, che ovviamente non era accettata da molti come modello culturale. Se invece annunciamo il mistero della S. Famiglia, questo può diventare maggiormente fonte di conversione. Come priorità pastorali vengono indicate: la preparazione sistematica dei giovani al matrimonio e alla vita di famiglia come vocazione, l'accettazione personale dell'altro coniuge come affidato da Dio, la mutua fedeltà, la comunicazione intima tra tutti i membri della famiglia, il riconoscimento e l'accettazione del piano di Dio e di tutti i diritti contenuti nella "Carta dei diritti della famiglia", che ovviamente nel 1881 non potevano esserci.


Infatti nelle conclusioni del 1° Congresso internazionale della S. Famiglia, convocato a Barcellona nel 1992, si afferma: "Nello studio dei secoli successivi, partendo dalle iniziative di opere apostoliche che appaiono in ciascuno di essi, si analizzi l'incidenza della S. Famiglia nella pastorale familiare, con 1 1 fine di elaborare delle linee di pastorale matrimoniale e familiare ispirate alla carità della S. Famiglia. Si stimoli la presenza e la partecipazione a questi incontri di laici, specialmente sposati."


Ne derivano due osservazioni. Abbiamo sentito che anche padre Blanquet ha parlato di matrimonio e famiglia, e quindi di pastorale matrimoniale e familiare: matrimonio e famiglia non sono sinonimi. Non solo, ma oggi parlare semplicemente di famiglia può risultare ambiguo. Considerazione sociologica e culturale, se si vuole, ed anche psicologica: sono diminuiti i matrimoni, sono aumentate le coppie, è aumentata la convivenza. Però dall'esame delle ultime ricerche, soprattutto due di quest'anno, di cui una francese, commentata dal teologo Lacroix, direttore dell'Istituto di Scienze della famiglia dell'Università Cattolica di Lione, che cosa traspare? Traspare che molti di quelli che si sposano in chiesa, si sposano con la mentalità dei conviventi, e molte convivenze ai nostri occhi ingiuste, perché non sigillate dal sacramento e neppure dal patto civile, hanno i contenuti di amore, fedeltà, fecondità, educazione dei figli e stabilità che dovrebbero caratterizzare ogni vita fondata sul matrimonio.


Allora questo ci mette in dovere di non giudicare troppo facilmente l'uno e l'altro, ma di incominciare, sul piano pastorale, ad avere un rapporto diretto con le persone per capire la loro storia e, ad esempio, i motivi del rifiuto del matrimonio in favore della famiglia, perché, in realtà, sostengono i contenuti della famiglia che assomigliano sostanzialmente a quelli voluti dal Creatore. Rifiutano il matrimonio, che loro leggono come istituzione, anziché come sacramento, l'iniziativa di Dio che lo redime. Questo ci interpella direttamente nella nostra catechesi, nel nostro modo di preparare i giovani.

Matrimonio e famiglia nelle immagini della S. Famiglia
Proviamo a vedere: la devozione popolare propone immagini della Vergine Maria, la Madre, senza il Figlio, di Giuseppe senza Maria e senza Gesù. Se le immagini sono catechesi per i semplici come lo erano i mosaici, forse anche il nostro modo di aiutare la devozione alla S. Famiglia, attraverso le immagini, ci interpella sulla correttezza dottrinale delle stesse. Che cosa trasmettiamo, non con i discorsi, ma con quello che facciamo vedere? E' un punto molto interessante. Per esempio, S. Giuseppe come sposo di Maria non viene quasi mai nominato. E' stato papa Giovanni che ha voluto introdurre nel la prima prece eucaristica, accanto a Maria, "S. Giuseppe suo sposo". Nel prefazio attuale della Messa della "Madonna della casa di Nazareth", si afferma che "Maria vive in amore nuziale casto e verginale col suo sposo Giuseppe".


Se la S. Famiglia era passata nel silenzio, forse lo si deve anche al silenzio sul matrimonio e sull'amore coniugale, anche se verginale, di Maria e di Giuseppe. Una testimonianza, ovviamente non confermata ufficialmente dalla Chiesa, è un libretto pubblicato nel 1932 da un parroco di nome Calli, di Bari. Riporta le rivelazioni (non apparizioni) di una pia anima che risulta essere una donna di Bari, Luisa Pecoretta, di cui è avviato il processo di beatificazione. Nel 1932 la Madonna, raccontando di sé, del suo matrimonio, di tutta la sua esistenza vista in Dio, dice cose che anticipano il Vaticano 11, la Familiaris Consortio e quanto detto questa mattina.


La prima affermazione che mi ha colpito è che la sua preoccupazione unica era di fare "il volere di Dio". Perciò affermava che quando le hanno detto che doveva sposarsi non si è ritenuta minimamente in conflitto, anche se non aveva mai conosciuto un affetto umano: lei ha accettato perché quello era il volere di Dio, comunicato tramite i sacerdoti del tempio. Ha gioito quando le hanno detto che lo sposo era "il caro S. Giuseppe", al quale ha poi comunicato il suo "voto di verginità". S. Giuseppe le ha comunicato a sua volta di averlo fatto anche lui. Ma se lo sono detti dopo. La cosa però che p, ù mi preme evidenziare è questa: Maria SS. sottolinea molto l'amore nuziale con Giuseppe. ed anche la Redemptoris Custos di Giovanni Paolo Il non fa altro che sottolineare che S. Giuseppe ha potuto amare, come figlio, il figlio di Maria perché amava profondamente la sua sposa e da lei era riamato. Se cominciamo, parlando della S. Famiglia, a spostare l'accento sull'amore nuziale di Maria e Giuseppe, innanzitutto lo possiamo ricondurre di più al sacramento del matrimonio, che è partecipazione all'amore nuziale di Cristo con la Chiesa. In secondo luogo non avremo più evidenziato come unico modello la verginità tra i due sposi, ma l'amore reciproco, la relazione reciproca d'amore verginale tra marito e moglie, amore che dà a Giuseppe la forza di accettare il figlio di Maria, di amare non solo Maria, ma anche quello che Dio vuole da Maria e per Maria, e di amare anche ciò che Dio chiede a lui, Giuseppe, per amore di Maria, come progetto di Dio. Ora, questa dimensione della nuzialità e dell'amore nuziale tra Maria e Giuseppe è il frutto della ricomprensione del mistero nuziale dopo il Vaticano. Giovanni Paolo Il parlerà della S. Famiglia come "Icona della Trinità". Da qui la necessità di distinguere le due cose, perché la famiglia come comunità affettiva la possiamo trovare, abbozzata, peccaminosa e ambigua, anche al di là del patto nuziale, mentre il riferimento al Mistero Trinitario, che rende partecipe la relazione d'amore dell'uomo e della donna nella relazione di Cristo con la Chiesa, passa dal sacramento.


Ne consegue che è compito di un Istituto che si ispira alla S. Famiglia non solo venerarla attraverso il culto, ma, come è già stato detto, adoperarsi per la salvezza e la promozione della santità di tutte le famiglie, nelle modalità e negli ambiti che gli sono congeniali.


È stato detto ieri e lo ripeto per richiamarlo alla memoria: il beato Giuseppe Manyanet aveva indicato agli aderenti all'Associazione "S. Famiglia" di divenire comunità (ed è da sottolineare il termine "comunità") di discepoli, testimoni, apostoli, per le altre famiglie.

(Testo tratto liberamente dalla registrazione e non rivisto dal relatore)

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Pagina pubblicata nel settembre 1999