. Gli atti integrali del convegno "La Santa Famiglia ispiratrice della nostra forma di vita" possono essere chiesti a: Piccole Suore della Sacra Famiglia 37010 Castelletto di Brenzone (Verona) - Lago di Garda Tel. 0456 589 111 - Fax 0456 589 272 Posta Elettronica: segreteria@pssf.it Sito: www.pssf.it
Il Centro G.P. Dore, promosso da Mons. Gianfranco Fregni, è "un'iniziativa di base. Alcune famiglie e persone, attraverso esperienze comunitarie, hanno maturato la convinzione che era un dovere, nell'attuale momento storico, contribuire a una "cultura della famiglia".
Nel sito dell'Ufficio Pastorale Familiare di Bologna è riportata una biografia di don Gianfranco e sono riportati altri 2 suoi brani nella sezione "interventi". |
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Spiegando perché va sottolineata la parola "comunità", passiamo alla parte seconda: consideriamo l'attuale cammino della Chiesa in Italia e nel mondo nel prendersi cura pastorale della promozione degli sposi e delle famiglie, dalla Familiaris Consortio al Direttorio Nazionale di Pastorale Familiare (1993). Il Sinodo Mondiale dei Vescovi, tenutosi nel 1980, riguardava 1 compiti della famiglia nel mondo contemporaneo". Per noi il termine "munera" , usato dal Sinodo dei Vescovi, non significa ciò che si deve fare, ma il "carisma, un dono", che comporta un compito, quindi una responsabilità, che deve tenere conto del "mondo contemporaneo" in cui le famiglie vivono e operano.
Possiamo lecitamente domandarci: "Che cosa ha di nuovo la Familiaris Consortio (1981) rispetto alla Casti Connubii (1930) all'Arcanum Divinae Sapientiae (1880)?" Quest'ultima è stata promulgata cento anni prima della Familiaris Consortio (1880-198 1).
L'Arcanum Divinae Sapientiae afferma ad esempio che il marito "è il principe e il capo della famiglia e la moglie gli deve un'obbedienza pronta e generosa". I figli sono del padre, sono il prolungamento della sua persona. Il ruolo fondamentale della madre non è preso in considerazione.
La Familiaris Consortio, invece, afferma che la famiglia è "intima comunità di vita e relazione d'amore tra le persone". Il primo compito che il Papa affida alla famiglia è la formazione della comunità domestica, con la preoccupazione di coltivare la comunione tra marito e moglie. Certamente tutto quello che ci ha detto padre Blanquet sul discorso della comunità d'amore è frutto di conversione. Prima, dicendo genitori, si diceva matrimonio e si pensava famiglia; dicendo famiglia si pensava genitori; dicendo genitori, si pensava mamme, tant'è vero che quando si convocano i genitori, in realtà si chiamano le mamme, se non altro per gli orari (anche se ci sono mamme che lavorano!). Il Papa, nella sua prima enciclica, Redemptor hominis, ha affermato: "Nessuno può vivere senza amore: se uno non incontra l'amore, non lo sperimenta, non sa neppure chi è".
Oggi la trasformazione italiana del discorso familiare, consiste nello spostamento di accento sulla relazione di amore nella coppia, relazione che deve essere di amore, altrimenti si perde la propria identità.
Teniamo presente che il Codice di Diritto Canonico afferma che quando un coniuge compromette gravemente il bene corporale o morale del coniuge e/o dei figli, dà all'altro il diritto in coscienza di chiedere la separazione. Certo, resta il vincolo dei matrimonio, ma la separazione della coabitazione è un diritto di coscienza che può diventare dovere se uno dei coniugi distrugge moralmente l'altro o distrugge moralmente i figli (vedi tutti gli abusi sessuali sul minori). Il Codice aggiunge che quando un coniuge "rende gravosa la vita della comunità familiare, dà all'altro il diritto in coscienza di chiedere la separazione". E giusto pensare prima, cristianamente, alla riconciliazione, al perdono, e anche il Codice lo premette, però il bene della persona è dato da una serena vita di comunità coniugale. La comunità familiare è per il bene della persona, non è la persona che deve essere schiacciata in nome dell'istituzione.
Allora se la famiglia deve modellarsi sulla S. Famiglia, se deve essere icona della Trinità, deve entrare in una circolarità di relazione d'amore e di salvezza, altrimenti si è distrutti. Questo va tenuto presente: non possiamo semplicemente invocare nostalgicamente "famiglia, famiglia, famiglia", ma dobbiamo renderci conto quale famiglia promuoviamo con le nostre iniziative, con la catechesi... e quale immagine di famiglia trasmettiamo. Il contesto in cui viviamo è talmente pervaso di affettività e sentimentalismo, che questi prevalgono sul compito educativo. Non è il bene dei figli che è subordinato al benessere affettivo della relazione di coppia, ma sono i figli subordinati ad esso e questo espone i bambini a grandi rischi.
Ieri abbiamo sentito parlare della laboriosità di S. Giuseppe, e sembrava che Maria fosse sempre in orazione come Maria di Betania, e mai come la sorella Marta. Sempre in quella visione di Luisa Pecoretta, a cui già abbiamo fatto cenno, Maria dice che ogni giorno lei e Giuseppe erano felici di fare la volontà di Dio pulendo la casa, facendo da mangiare e cooperando insieme nelle cose anche spicciole di tutti i giorni. La preghiera quasi non è nominata, mentre è sottolineata la santificazione e la gioia di fare insieme le cose più piccole. Allora, se noi oggi, prendendo a modello la S. Famiglia, parliamo solo della laboriosità del marito, come se la donna non avesse il suo doppio lavoro, frequentemente quello di casa e fuori, quello che non verrà accolto non sarà il mistero d'amore di Nazareth, ma il nostro modo di presentare la vita di Nazareth.
Un terzo aspetto, evidenziato nella rivelazione che anticipa il Vaticano II: Maria afferma che in tutti gli stati di vita si può diventare santi. Questa teologia, cioè che la vita matrimoniale è santificante come la consacrazione verginale, è di Von Balthasar (1986). La discussione dei due stati di vita è quindi ampiamente anticipata da questa rivelazione. Il discorso non è tanto sull'amore verginale e coniugale, quanto proprio sullo stato di vita nuziale che può santificare gli sposi. Non posso, oggi, presentare la S. Famiglia formata solo da due genitori; infatti, come genitori, Maria e Giuseppe si sono occupati di Gesù finché era piccolo, ma poi hanno dovuto riconoscere che egli doveva interessarsi del Padre suo. La famiglia di Nazareth è data da Gesù che, oltre ad obbedire al Padre suo, obbedendo a Giuseppe e Maria (come dice la Redemptoris Custos), ha visto e realizzato questa correlazione d'amore. Certamente lui sapeva di esserne l'origine e il fondamento, attraverso la sua redenzione; ]'amore di Maria e Giuseppe era già santificato senza aver celebrato il sacramento del matrimonio. Dunque se vogliamo che la S. Famiglia diventi modello, dobbiamo centrare la nostra presentazione non solo sui genitori di Gesù, ma su un modello di amore che accoglie il figlio non come proprietà, ma come dono servire il Signore.
Il Concilio Vaticano II punta più sul sacramento del matrimonio che sulla famiglia, considerando anche altri due documenti che prima non sono stati citati. Il primo è il documento sull'Ecumenismo, secondo il quale la "promozione della spiritualità coniugale" porterà al rinnovamento della Chiesa. Va tenuto presente, perché è un documento che apre alle altre confessioni cristiane. Oggi esplode il problema dei "matrimoni misti", in particolare a causa della mobilità delle persone. La promozione della spiritualità coniugale farà ringiovanire la Chiesa.
D'altra parte, in un discorso abbastanza inedito che il Papa ha tenuto alla segreteria del Sinodo Mondiale sulla famiglia, comparso in latino su "L'Osservatore Romano" (19/12/79), si afferma che la famiglia è soggetto di catechesi, di evangelizzazione. Ciò lo si arguisce non da singole frasi, prese qua e là dal documenti del Vaticano 11, ma dall'intera teologia del popolo di Dio. La seconda cosa che mi ha colpito è che il Papa afferma che attraverso la pastorale familiare si attua il rinnovamento della Chiesa secondo lo spirito del Vaticano 11. Questo significa che la promozione della pastorale familiare serve non solo a difendere e sostenere la famiglia, ma a rinnovare tutta la Chiesa nello spirito del Vaticano 11. Lo studio dei Concilio è fondamentale per promuovere una pastorale familiare e coniugale corretta. Lo si vede molto bene nelle diocesi e nelle parrocchie italiane: dove la dottrina e lo spirito dei Vaticano Il non sono diventati criterio di pastorale, non passa neppure una pastorale coniugale e familiare corretta, o passa con luoghi comuni. ~ troppo intrecciato il discorso matrimonio - famiglia - Chiesa // Chiesa - matrimonio - famiglia, come è stato detto da padre Blanquet, che citava il Papa: 'Ta famiglia costruisce la Chiesa e da essa è costruita".
Qual'è la pagina biblica cui fare riferimento se, grazie al matrimonio, i due non sono più due, ma una carne sola, e, come tali, sono membra vive del corpo di Cristo che è la Chiesa?
Rileggiamo adagio Ef 4, 12-16, quando si dice che il corpo di Cristo in tutte le sue giunture coordinate deve far sì che ogni membro, e quindi anche la coppia consacrata dal matrimonio, esprima la propria "energia" perché tutto il corpo di Cristo si edifichi nella carità. Ne consegue che il discorso sulla promozione del matrimonio e della famiglia, è un discorso di costruzione di Chiesa, e non semplicemente di prestazioni che le famiglie possono dare alla Chiesa (far catechismo, interessarsi dei poveri ... ). Aveva ragione Maria Santissima! Vivendo il volere di Dio come sposi, come famiglia, si costruisce la Chiesa nella carità, perché si vive con amore, nell'amore del Signore, l'edificazione della Chiesa.
Il documento che nella Chiesa italiana ha spostato l'attenzione dalla "famiglia" al "matrimonio", è Evangelizzazione e sacramento del matrimonio del 1975. In quell'anno i Vescovi italiani hanno dedicato la loro Assemblea Generale annuale al rapporto tra l'evangelizzazione e il sacramento del matrimonio e hanno sempre abbinato Ordine e Matrimonio, entrambi orientati alla edificazione del popolo di Dio, entrambi in riferimento al popolo di Dio.
La spiritualità non è dunque in termini devozionali, ma significa vivere secondo lo spirito del sacramento ricevuto. Ecco perché mons. Bonetti insisteva sulla radice che muove la spiritualità coniugale, e che è il sacramento che consacra. A questo punto la parola "consacrazione" ha bisogno di essere chiarita. Che cosa vuol dire consacrazione alla S. Famiglia? Ci si consacra o ci si offre, oppure la consacrazione viene dallo Spirito, e quindi è Dio che consacra?.
Secondo il Rito del matrimonio promulgato dalla Santa Sede nel 1991, ma il cui adattamento italiano uscirà nel prossimi anni, nella Benedizione nuziale è prevista un'epiclesi, cioè una vera effusione dello Spirito che conferma la consacrazione battesimale. Il sacerdote imporrà le mani sugli sposi e invocherà lo Spirito Santo perché scenda su di loro e trasformi l'amore coniugale in carità-coniugale.
Il Papa lo aveva già citato nella Lettera alle famiglie, ma nessuno lo ha notato, perché non c'è ancora il corrispondente nella liturgia nuziale.
Il discorso "consacratorio" richiama il discorso battesimale, l'essere consacrati al Regno: non sono io che mi consacro a qualcuno, è Dio che mi consacra al suo Regno destinandomi all'edificazione della Chiesa. Allora attraverso il sacramento del matrimonio la pastorale familiare rinnova la Chiesa, e la spiritualità coniugale aiuta gli sposi ad esprimere tutte le risorse che hanno, potremmo dire, per natura, per vocazione naturale della famiglia e per grazia, cioè tutto ciò che viene riversato su di loro dallo Spirito Santo per configurarli a Cristo Sposo. Questo vuol dire che abbiamo bisogno, oltre che del Concilio Vaticano 11, di rileggere Evangelizzazione e sacramento del matrimonio.
Un altro documento del Concilio che cita la famiglia è la costituzione Ad Gentes; al n' 21 sottolinea che '1a Chiesa non è segno perfetto della presenza di Cristo, non è pienamente costituita assieme alla gerarchia, se non c'è il laicato, perché il laicato incarna e innerva il Vangelo in tutte le relazioni quotidiane". E immediatamente cita le famiglie, perché è la famiglia che è legata ai figli, al lavoro, alla scuola, all'economia, al sistema sociale, e rende presente nel mondo la Chiesa.
La promozione della pastorale familiare deve promuovere la soggettività e il protagonismo degli sposi e delle famiglie all'interno della pastorale, per cui bisogna fare una pastorale non solo per le famiglie ma con le famiglie. Gli Istituti religiosi sono di grande aiuto se riescono a promuovere le risorse e le energie che possono edificare la Chiesa, non solo iniziative, pur generose, nei confronti delle famiglie, ma con le famiglie. Negli ultimi vent'anni le realizzazioni missionarie e caritatevoli più esaustive, sono state quelle che hanno messo insieme religiosi e sposi, insieme per qualcosa da vivere concretamente, per la carità o per la Chiesa: là dove si sono realizzate delle esperienze comunitarie tra religiosi e sposi, si è dato vita a qualche cosa che ha il volto di Chiesa. Ciò è da tener presente, perché è la nuova linea ecclesiale.
Un altro aspetto è da considerare: dopo il Concilio Vaticano Il si è riscoperta la 'Lettera a Diogneto", che il Papa continua ad indicare in questi giorni come il primo manifesto dei cristiani del 250 d.C. nei confronti del mondo pagano, quando si sono presentati alla ribalta della storia. La lettera dice che noi non ci diversifichiamo né per il vestito, né per il mangiare, né per il linguaggio; viviamo tra gli altri e con gli altri, ogni patria è la nostra patria, però ci sentiamo pellegrini in ogni patria; abbiamo in comune la mensa, ma non il letto; non esponiamo i nostri figli; obbediamo alle leggi vigenti e con la nostra vita, però, superiamo le leggi, diamo a tutti testimonianza di una vita sociale paradossale.
I Vescovi italiani traducono questo in Evangelizzazione e sacramento del matrimonio del 1975.
Al n° 110 dicono che la famiglia è il crocevia tra "evangelizzazione e promozione umana" e la loro vita è detta "magistero di vita" e diventa cultura: a chi chiede ragione della loro vita diversa, diranno che è così perché ispirata al Vangelo. Al n° 14 dello stesso documento, sottolineano che è giunto il momento che la pastorale promuova la "coscienza civile degli sposi" per un loro contributo propriamente politico al rinnovamento della società, secondo gli strumenti democratici. Quindi quel l'associazionismo familiare sorto per sviluppare la devozione, pian piano assume anche altri volti. Oggi si promuove l'associazionismo familiare perché si formino reti familiari, capaci di sostenere nella solidarietà chi è più debole, più fragile, più emarginato, capaci di realizzare quella ospitalità e carità che una famiglia piccola, sola e semplice non sarebbe in grado di poter fare, pur avendo tanta generosità. Lavorano entrambi i coniugi, vivono in case piccole, come potrebbero fare? Sono esempi per dire una certa problematica che oggi è sostenuta da una nuova visione sia di Chiesa, sia di teologia del matrimonio, sia di famiglia. Tutte le belle idee esposte da padre Blanquet sul mistero della S. Famiglia non avrebbero potuto essere dette cento anni fa, perché la teologia con la quale le ha esplorate è quella del Vaticano 11, altrimenti si sarebbe parlato ancora di "imitazione"; avremmo solo intuito l'importanza di proporre la S. Famiglia alla devozione e cercato di imitarla senza coglierne le virtù.
Oggi per poter parlare della S. Famiglia e per poterla proporre come ispiratrice della pa
storale familiare, c'è bisogno di studiare la teologia del matrimonio e della famiglia, di vedere quello che la Chiesa dice sulla pastorale coniugale e familiare, per confrontarlo con la realtà delle nostre famiglie, che purtroppo debbono fare i conti con il peccato originale. Maria ne era preservata, Giuseppe era santo e giusto, entrambi santificati dal Cristo. Gesù è venuto per i peccatori e i malati, perciò, per poter operare là dove c'è la debolezza umana, come è il caso delle famiglie, che sono una realtà santa ma "fragile", bisogna preoccuparsi di santificarla. Questo non significa partire dalle famiglie brave e buone al nostri occhi, ma vuol dire aiutare chi ne ha più bisogno a santificarsi nelle difficoltà o a convertirsi nel momento del dolore e della prova, dando inizio ad una vita di santità.
(Testo tratto liberamente dalla registrazione e non rivisto dal relatore)
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