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Incontro con Elsa Belotti

Giobbe e le nostre sofferenze




8. CERCARE LA CHIAVE SOTTO IL LAMPIONE

Una persona stolta

Avete presente la storiella dell'ubriaco che sta cercando le chiavi sotto il lampione?

Il vigile che passa gli chiede:
"Ma le hai perse proprio qui?"
"No, le ho perse un po' più in la, ma qui c'è più luce!"

Ho l'impressione che parlando di Giobbe, questa storiella ci inviti a capire qualche cosa di più.

Prima di tutto stiamo parlando di un ubriaco, quindi di una persona che Gesù definirebbe stolta. E la persona stolta cos'è, è la persona che ha perso il senso della realtà o che non ha mai avuto il senso della realtà.

Quando noi parliamo di saggezza, stiamo parlando di senso della realtà e la persona saggia è "sazia di realtà".
La persona sapiente, non solo è sazia di realtà, ma la sapienza mette il sale nella realtà, cioè illumina la realtà di una luce diversa.

Questa è la distinzione fra saggezza e sapienza.

Il saggio è sazio di realtà, il sapiente è sazio di realtà ed ha illuminato quella realtà di una luce diversa, ed ha capito un po' meglio le cose: ecco il sapore che si da.

Quindi l'ubriaco ha alterato il senso della realtà: non è sapiente e neanche saggio.

Una soluzione qualsiasi

Seconda cosa: va a cercare la chiave dove è più facile.
Oggi nella realtà e di fronte ai problemi, tutti noi agiamo così: la soluzione più facile. Ho un problema, basta che io abbia la soluzione, qualunque essa sia, senza tanti riferimenti al bene e al male, a quello che succederà, alle conseguenze,... ho una soluzione e subito la becco.

Ne ho parlato più volte, ma nel mio lavoro quando ho incontrato diverse donne che avevano abortito, quello che mi stupiva non era tanto tutte le considerazioni etiche che ben conoscete. Ma che mi dicessero "ma in quel momento, quasi, quasi non mi sono resa conto."

Uno si chiede:
"Ma come? Com'è possibile non rendersi conto?"
Eppure è facile da capire.
Quando abbiamo un problema siamo presi dall'ansia di risolverlo, per cui, qualunque soluzione ci venga messa davanti, per noi va bene.
Non sto giudicando nessuno, sia chiaro.
Però qualunque soluzione, basta che mi risolve il problema che adesso ho, che mi tolga il sasso dalla scarpa, mi sta bene.

Questa è la soluzione adolescenziale: ho un problema, non voglio vedere il problema, che è l'ubriaco che non vuol vedere la realtà.
Quindi quando abbiamo un problema, basta che ci sia una risposta, una soluzione, qualunque essa sia.

La soluzione è nel presente

Cerchiamo le soluzioni nel passato, e quindi ci compiangiamo del nostro passato, perché tutti i problemi, anche quelli di coppia, fanno riferimento alla nostra infanzia: il matrimonio è la ripetizione dell'infanzia, noi scegliamo la persona che ci ama come ci hanno amato i genitori da zero a otto anni di età; e questa è la nostra parte determinata su cui possiamo lavorare, il passato che ci tiriamo, il matrimonio è dunque la ripetizione dell'infanzia.

Cerchiamo la soluzione nel passato, il rifugio nel passato: quindi ci compiangiamo della nostra storia, della nostra sfortuna, della nostra sofferenza eccetera.
Oppure cerchiamo la soluzione nel futuro, quindi nella fantasia, nelle scappatoie, in altre persone, in fantasie sempre adolescenziali, non nel presente.

Una razionalità assurda

Un altro aspetto dell'ubriaco è che se la conta su [NdR: si prende in giro, si inganna].
La sua è una razionalità assurda. Perché se noi ascoltiamo i nostri adolescenti, hanno una loro razionalità, non è che non ce l'abbiano.
Quando ascoltiamo i nostri figli adolescenti, sono talmente lucidi, specialmente quando ci beccano e parlano di noi, che è eccezionale, ci fanno una terapia: ascoltare i nostri figli è molto più che andare dagli psicologi.
Gli adolescenti hanno una loro razionalità che però parte da certi presupposti ed arriva a presupposti diversi da quelli iniziali.
Si potrebbe dire che quella degli adolescenti è una razionalità che da premesse giuste arriva a conclusioni sbagliate.

Quindi ce la contiamo su attraverso una razionalità che è tipica dell'ubriaco.

Pensiero magico

Oppure cerchiamo la risposta nel pensiero magico: come se la chiave si spostasse sotto la luce giusta, per noi, per venirci incontro. Vogliamo che la realtà cambi in base ai nostri desideri, ai nostri criteri, in base al nostro sentire.

Un'altra considerazione è questa: ascoltiamo molto gli altri, quando abbiamo un problema. La prima cosa che facciamo è raccontare i nostri problemi agli altri ed ascoltare quello che dicono gli altri, ed anche questo è un po' come l'ubriaco che cerca la chiave sotto il lampione.
È la risposta che i sani danno ai malati.
Quando un sano va trovare un malato in ospedale, cosa gli dice? "Ma dai, tirati su, poi passerà, vedrai che domani ..., poi magari ..., con il tempo ..." Gliela contiamo su.
È la risposta che i sani danno ai malati, che i ricchi danno ai poveri ("Non preoccuparti, la ricchezza non fa la felicità ...")...
Gliela contiamo su agli altri, ed anche a noi.

La sofferenza, come la contentezza, non si può chiudere dentro regole razionali.
La sofferenza non può essere chiusa e decifrata dentro le regole del buon senso, perché non c'è niente di buon senso e di razionale nella sofferenza.

Perciò quello che fa l'ubriaco nel suo modo insensato di agire è proprio l'esempio, l'emblema, di ciò che fa ciascuno di noi quando si trova nella sofferenza.


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Pagina pubblicata il 30 novembre 2003