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Famiglia Insieme
2 Febbraio 2002
incontro sulla comunicazione di coppia

Ultime modifiche:
05.05.2002

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deregistrazione a cura di Beppe e Miranda M.


Il 2 e 3 febbraio 2002 è stato organizzato dalle Piccole Suore della Sacra Famiglia presso la Casa "Santa Maria" a Colpi di Folgaria (TN)
un week-end per famiglie iniziato con un
incontro con Elsa Belotti sulla comunicazione di coppia
sommario
  • IN VIAGGIO PER UN PIANETA SCONOSCIUTO, IL MATRIMONIO
    Essere se stessi | Due lingue diverse | La gomma bucata | Darsi senza calcoli | Disponibili a cambiare
  • TRE LEGGI DELLA COMUNICAZIONE
    La paura del buio | Il lievito | La casa pulita | La lavatrice rotta | Permettersi di stare bene
  • I VERBI NELLA COMUNICAZIONE
    Informare | Chiacchierare | Parlare | Dialogare | Comunicare
  • COMUNICARE
    Avere in comune | Partecipare | Cambiare | Tacere | Aver pudore | Pregare
  • UN CASO DISPERATO?
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    Incontro con Elsa Belotti

    1. In viaggio verso un pianeta sconosciuto

    La comunicazione nella coppia fa un po’ pensare prima di tutto ad un canale fra due persone che deve essere innanzitutto libero: se il canale non è libero la comunicazione non avviene.

    Quindi i presupposti per una buona comunicazione ve li do attraverso questa immagine: pensiamo ad una navicella spaziale che parte per un pianeta sconosciuto, che è il matrimonio. Nessuno lo conosce se non per sentito dire.
    Finché non ci siamo dentro non è che conosciamo il matrimonio, con gli anni capiamo più cose se ci ragioniamo sopra, e tornando indietro non faremmo più così, ma se tornassimo indietro ancora come eravamo a quei tempi, faremmo ancora la stessa cosa. Ciascuno di noi fa quello che in quel momento può fare, non può fare diversamente! Quindi non buttiamoci addosso palate di cose negative, ma accettiamoci per quello che siamo. Ed è una prova di saggezza anche accettare che il nostro passato di coppia è andato in un certo modo e non poteva che essere così. Per non avere sensi di colpa bisogna pensare che non poteva che andare così.

    Ma adesso voi siete qui per cambiare qualche cosa, e se dopo la consapevolezza non cambiamo allora sì che siamo responsabili di quello che non abbiamo messo in atto. Con la consapevolezza noi diventiamo più liberi. Diventiamo anche più responsabili e ci addossiamo qualcosa di più.
    Ecco perché il detto popolare “beata ignoranza”! Perché chi ignora le cose non è responsabile, non essendo consapevole. Nel momento in cui noi siamo più consapevoli aumentano le responsabilità. Quindi voi siete venuti qui stamattina per ricevere dei pugni nello stomaco per far tacere la beata ignoranza, per avere più consapevolezza e per avere una faticaccia in più da affrontare! Ve la siete tirata addosso voi.

    Però se chiedo a tutte le persone che hanno fatto un cammino di consapevolezza, anche in consultorio: “adesso che siete consapevoli tornereste indietro alla beata ignoranza?” nessuno mi risponde di sì.
    La consapevolezza è preferibile all’ignoranza e detta con il Vangelo è preferibile alla stoltezza anche se ci da questo carico in più. Però ci da anche un senso di maggior libertà nei confronti della vita, e quindi ci sentiamo più forti, ci stimiamo di più, aumenta la nostra capacità di volerci bene e di realizzarci.


    Allora, la navetta spaziale parte per questo pianeta sconosciuto che è il matrimonio; nessuno lo conosce se non per sentito dire, se non attraverso le fotografie, se non attraverso gli sprazzi che i nostri genitori ci hanno fatto un po’ vedere durante la nostra crescita.
    Sulla navicella c’è posto solo per due persone. Non possiamo tirarci dietro papà, mamma, amici, conoscenti, parenti e cianfrusaglie varie. C’è posto solo per noi due, tutti gli altri devono restare a terra. Non solo fisicamente: non possiamo tirarci dietro nessuno neanche dentro. Perché se io mi sposo, vado avanti col mio matrimonio e mi tiro dietro l’immagine del mio ex ed ogni tanto ci penso e quando faccio l’amore con mio marito ci penso, ecco la navicella è un po’ affollata e la comunicazione sicuramente è disturbata con mio marito (Queste cose succedono troppo spesso; mica le dico perché le ho pensate stanotte). C’è posto solo per noi due, quindi fuori dalle… cosiddette il papà, la mamma e soprattutto i fratelli le sorelle gli amici i conoscenti, tutti; anche dalla nostra immaginetta mentale, anche dalle nostre fantasie.


    Nella navicella ci sta solo l’essenziale; non possiamo tirarci dietro bauli di roba del passato, e chili di fardelli di cose del passato. Il passato non c’è più; il nostro presente è il nostro futuro di coppia. Finché non facciamo questa scelta la coppia non esiste; siamo lì insieme ma siamo due conviventi che vanno avanti per lo spazio, ma non possiamo essere coppia se non lasciamo a terra tutto quello che non è essenziale. E l’essenziale in una coppia siamo noi due, punto e basta. Non ci interessa la valigia, non abbiamo bisogno di bagagli; l’unico bagaglio che possiamo portarci dietro è la nostra persona con tutto quello che noi abbiamo dentro. Solo questo.

    Nella navicella ognuno di noi due sa far funzionare alcuni macchinari; il marito sa farne funzionare qualcuno e la moglie altri; per cui ci vuole molta collaborazione altrimenti la navicella comincia ad andare storta per la strada. Quindi il ruolo dell’uomo e il ruolo della donna, il ruolo del marito e quello della moglie devono essere chiari; oggi abbiamo un po’ confuso le cose. Non perché il papà si dà da fare coi bambini o ci aiuta nei mestieri; questo va benissimo. Ma il ruolo è importante che sia chiaro. Per cui oggi noi donne, che ci siamo tirate la zappa sul piede perché siamo a volte anche un po’ stupidine, abbiamo femminilizzato l’uomo; e poi l’uomo ce la fa pagare. Abbiamo rubato all’uomo alcune cose e ci siamo mascolinizzate noi e in questo modo la facciamo pagare all’uomo ma continuiamo a pagare noi. Per cui l’aspetto punitivo nella coppia è aumentato. Non ce ne accorgiamo, ma se uno, per esempio, nella coppia sta zitto, e sta zitto per anni, per evitare conflitti con la moglie, perché non gli piace litigare, perché vuol bene alla moglie o che so io… dopo un po’ di anni questa cosa salta fuori. Ecco perché nella coppia non bisogna mai stare zitti: Meglio un litigio in più, meglio dire qualcosa che non è del tutto piacevole (cerchiamo di dirlo in maniera non spiacevole, sia chiaro) però bisogna dirsi tutto altrimenti le cose non funzionano. Se uno tiene dentro le cose, prima o poi la fa pagare all’altro. E chi sopporta di più nella coppia è quello che la farà pagare di più anche dopo dieci, venti, quarant’anni di vita di coppia.

    ESSERE SE STESSI
    Nella coppia bisogna dirsi tutto e siccome siamo in questa navicella ed è stretta e siamo lì che non possiamo che essere noi, e allora veramente bisogna denudarsi. Bisogna essere quello che si è. Dico quest’immagine perché in questi giorni mi è capitato di usarla con due persone in consultorio; un ragazzo di trent’anni che ha una ragazza…gli dico “Ascolta! Guarda che la persona è un regalo che non va incartato”. No so se mi spiego. Quando andiamo a prendere un regalo noi diciamo alla commessa: “Mi faccia la confezione”. Siamo già confezionati bene per quello che siamo! Non dobbiamo incartare la persona: per esempio dicevo a questo ragazzo: “é’ inutile che tu aggiusti un po’ la realtà per piacere di più a lei. Non devi incartarti. Sei quello che sei. E più ti incarti e più lei t’allontana”, perché le donne intuiscono subito queste cose. Quindi non aumentare le cose. Non sforzarti di essere piacevole, di essere diverso da quello che sei. Devi essere quello che sei, e se ti ama, ti ama per quello che sei, se no non ti amerà.
    Quindi lo ripeto come immagine così vi rimane impresso: La persona è un regalo che non va incartato, non ha bisogno di fiocchi. Anche perché dopo nella coppia siamo denudati, siamo quello che siamo. Non possiamo venderci bene o male all’altro. E’ inutile dire: “cosa devo fare per presentarmi meglio?” Cosa vuoi presentarti meglio, togliti tutto quello hai addosso, che è la migliore presentazione che puoi fare. Non parlo solo di vestiti; parlo di tutto quello che ci mettiamo addosso quando avviciniamo l’altra persona.
    Quindi, ruoli molto chiari. Ciascuno dei due deve fare la sua parte nel suo ruolo, rispettando il ruolo dell’altro. Se la moglie toglie la parte maschile al marito, il marito gliela farà pagare. E se il marito toglie la femminilità alla moglie, lei gliela fare pagare.

    DUE LINGUE DIVERSE
    Soprattutto la cosa più importante, e ci avviciniamo al discorso della comunicazione, è che su questa navicella le due persone non parlano la stessa lingua. La donna parla la lingua femminile e l’uomo parla la lingua maschile. Il problema è che nessuno dei due conosce la lingua dell’altro. Ma il guaio si complica, diventa ancora più grosso perché nessuno dei due è disponibile ad imparare la lingua dell’altro.
    Faccio un esempio: l’altro ieri in consultorio (perchè poi ci riconosciamo tutti…ascoltando l’esempio voi direte: “che scemate! Si litiga per queste scemate qui?”; ma dopo lo facciamo tutti, magari per altre cose) ricevo una coppia che seguo da un po’; e alla fine dico: “guardate! Fermiamoci qui; io non vi ricevo più. Perchè se dopo un po’ di sedute siete ancora a questo punto vuol dire che io non son stata capace di aiutarvi, e dovete darvi una regolata. Dopo, io son sempre qui a ricevervi, ma a questo gioco non ci sto più, perché io non lavoro per anni”. Se dopo un po’ di sedute non è successo qualcosa di buono, vuol dire che c’è qualcosa che non va, o io manco di qualcosa (perché non sono la più brava sul mercato); ho degli strumenti, però se non succede qualcosa nel giro di dieci sedute c’è qualcosa che non va. “Quindi datevi una mossa, se poi qualcosa succede, bene, tornate da me e andiamo avanti se no andata da qualcun’altro, vuol dire che io non sono capace di aiutarvi. E’ inutile far terapie di anni, che non servono a niente”.

    LA GOMMA BUCATA
    Allora! Lei è rimasta a piedi perché ha bucato con la gomma; però non è capace di cambiare la gomma dell’auto quindi, a venti all’ora, è andata a Messa poi è andata a casa e lui ha cambiato la gomma dell’auto.
    Allora.. lei mi dice: “son tornata a casa e lui mi dice: perchè non hai cambiato la gomma?”
    Lui dice: “E dopo, quando stavo cambiando la ruota io le ho detto: guarda perché devi imparare perché può succederti ancora che ti si buca la gomma e sei da sola”.
    Lei dice: “se mi succederà mi arrangerò”. E’ una cretinata.
    Però lei dice: “Ecco, lui non ha fiducia di me… tutto quello che io faccio non va bene, etc. etc. cosa preferivi che io mi fermassi in quella via lì della città che è sempre buia, un po’ in periferia etc. etc.? Io non mi sarei mai fermata anche se ero capace di cambiare la gomma. Ho fatto la mia scelta; perché tu non apprezzi la mia scelta?” Ragionamento che fila, no?
    Lui dice: “Però non è andata esattamente così!” Perché ciascuno riporta quello che vuole, no? Quando raccontiamo le cose non diciamo esattamente come sono andate ma come sono andate in base a come le abbiamo vissute. Cioè è importante l’emozione, il vissuto di quello che mio marito mi ha detto in quel momento, non quello che è successo.
    E lui dice: “Ma come sono andate esattamente le cose?” (perché i mariti sono bravi nel puntualizzare alcune cose razionali, poi le donne sono perfette perché non dimenticano mai neanche la virgola. E gli uomini ricordano quello che hanno detto, le donne ricordano il come l’hanno detto, che è diverso).
    Lui dice: “Guarda che la prima cosa che ti ho chiesto è stata: ti sei fatta male?” domanda giusta, quindi è stato un bravo marito, no? Lei questo però non me l’ha detto.
    Gli dico: “ Beh! Se tu hai detto: “ti sei fatta male?”, hai fatto il primo intervento giusto, però dopo hai fatto l’intervento sbagliato “perché non hai cambiato la gomma”, potevi stare zitto, sai benissimo che lei non è capace di cambiarla. E che ha fatto la sua scelta; dovevi accettare quello che ha fatto tua moglie. Se poi non è capace di cambiare la gomma, chi se ne frega! Si arrangerà. Se era a 10 Km da casa o era a 50, si sarebbe arrangiata”.
    Dopo però lui dicendo: “Guarda come la cambio, perché ti può succedere ancora; bisognerà pure imparare ad essere autonomi” ha detto una cosa di buon senso a sua moglie e lei doveva stare lì ad osservare, perché è meglio sapere che non sapere. Però l’ha detto col tono del tipo: “Vedi? Non vuoi neanché imparare, vuoi rimanere così”.
    Allora le parole sono queste, ma capite che le musiche che sono passate sono diverse da quello che loro hanno raccontato? Ora voi sostituite la gomma dell’auto con tutto quello che succede nella vostra coppia, e ci ritroviamo tutti a comunicare sulle cose, ma perché dietro c’è altro. Non è la gomma che interessa né a lui né a lei; è che questi due a letto fanno poco. Allora il vero problema è affettivo. Possiamo litigare su qualsiasi cosa ma il problema è che ciascuno dei due dentro è scontento di come è amato dall’altro. Per cui quando litigate, non litigate su quella cosa lì; fermatevi e dite: “Cos’è che non ti va di quello che io ti do? In che cosa sei rimasta delusa? Cos’è che non ti piace in quello che faccio per te?” Queste sono le domande vere della comunicazione! Non: “potevi cambiare la gomma” o “potevi dirmelo in un altro modo che dovevo imparare”. Allora vedete quanto tempo perdiamo a dirci parole inutili anziché concentrarci sul vero problema, che è sempre affettivo? Qualunque cosa uno ci dica e qualunque modo abbia nel dircela, ci sta dicendo: non mi sento amato abbastanza; non mi sento amata abbastanza. Quindi, parlate di questo, non della cosa in sé, perché non c’entra niente.

    DARSI SENZA CALCOLI
    Allora, avete presente la nostra navicella che parte, siamo lì noi due, nessuno dei due è disposto a conoscere la lingua dell’altro. La moglie in realtà stava dicendo: ma mi vuoi bene così come sono? E lui cosa diceva? Ti vorrei diversa! Ecco perché litigano: perché non si sentono accolti, amati, rispettati, apprezzati, stimati per quello che sono. Bisogna sempre guardare le musiche dietro, lasciando stare… ecco, pensate ad una coppia che va avanti cinquant’anni e non affronta mai il problema. Si parla sempre di cose, mai di noi due.
    Allora, bisogna essere disposti ad imparare la lingua dell’altro. Dopo trent’anni di matrimonio io capisco che ci sono le cose nella coppia che si capovolgono molto velocemente. Quello che uno ha sopportato i primi anni di matrimonio, chissà perché, dopo, lo sopporta l’altro. Le fatiche che io ho fatto e mi sembrava che lui non le facesse, guarda caso poi le fa lui in un tempo diverso: c’è una giustizia umana, inconscia nella coppia. Per cui quando soffriamo di più, sgobbiamo di più, ci sembra di aver fatto chissà che (perché noi pensiamo sempre di aver dato di più dell’altro nella coppia, sempre…noi ci sentiamo sempre in credito rispetto all’altro) in realtà non è così. E’ come se nei nostri cinquant’anni di matrimonio tutto si equilibrasse; nel prima nel dopo, nel più nel meno, ma tutto va alla pari nella nostra vita di coppia. Quindi smettiamola di pensare che siamo in credito, che abbiamo dato di più, che abbiamo fatto di più etc. Ciascuno dei due ha dato tutto quello che poteva. Ciascuno dei due ha sofferto tutto quello che poteva. Ciascuno dei due ha faticato tutto quello che poteva. Smettiamo di metterci sulla bilancia, perché questo rovina tutta la comunicazione nella coppia.

    DISPONIBILI AD IMPARARE
    Allora! Essere disposti ad imparare la lingua dell’altro. Ma nella tua lingua maschile come si dice questa cosa qui? Traduco, anzi dico in un altro modo: siccome io sono una donna conosco bene le donne; adesso conosco molto bene anche gli uomini. Ma i primi tempi che lavoravo in consultorio, tornavo a casa la sera e dicevo a mio marito: “ma nella tua lingua maschile come si dice questa cosa qua?” Cioè: voi uomini di fronte a questa cosa, cosa provate? Perché provate cose diverse da noi donne; magari anche le stesse cose, ma in modo diverso, con emozioni diverse. E allora lui mi dice: “ma noi uomini così…così…”. Adesso capisco il perché l’uomo mi ha detto quella frase li! Perché viviamo in maniera diversa. Il non voler imparare la lingua dell’altro cosa vuol dire? Il non voler accettare che l’altro è diverso da noi. Cioè, un uomo e una donna sono così diversi, ma così diversi, e noi non ne teniamo mai conto. Non è possibile andar d’accordo tra un uomo ed una donna perché siamo troppo diversi. Possiamo accettare la nostra diversità. Possiamo capire come l’altro vive le cose in maniera diversa da noi. Se no la moglie piange davanti al telefilm, e dice a lui: “sei insensibile”. Lui ha un altro modo di commuoversi; noi lo facciamo vedere con le lacrime, lui ha il suo modo che è diverso dal nostro. E allora non possiamo desiderare la stessa cosa. “Ma lui vuol sempre andare a pescare io invece leggerei volentieri un libro”. E’ il mio caso; mio marito va a pescare e dico: cosa ci sarà nel tenere la cannettina delle ore al buio…ma se piace a lui chi se ne frega? Io starei le stesse ore a leggere un libro e ci sto. Lui non può pretendere che io vada a pescare con lui, e io non posso pretendere che lui legga per quattro ore perché non ce la farà mai! Io invece lo faccio volentieri. Siamo diversi. Poi faccio ridere quando parlo delle differenze tra me e mio marito. Io, appunto, leggerei in continuazione, lui invece dice: “io so già cosa dice quel libro lì senza leggerlo”; e quello che mi fa rabbia è che è vero. E’ che lui lo sa già davvero. Perché ha una capacità analitica che io non ho, mio marito.
    Secondo: a me piace moltissimo la musica; io venendo qua su in macchina ho quasi due ore di viaggio, per cui prima ho recitato il rosario, poi ho recitato le preghiere, poi ho pensato ad alcune cose che devo fare, ma sempre con la musica di sottofondo; dico: il signore mi perdonerà. Perché io ho una testa nevrotica. Sapete che i nevrotici fanno due cose contemporaneamente? Per cui io ho sempre studiato con la radio accesa, preparo le conferenze con la radio accesa o con la televisione, quando stiro guardo un film; sono le donne nevrotiche no? Che poi sono un po’ tutte le mamme. I miei figli mi chiamano: “la mamma intanto che…”, perché io dico sempre: “intanto che fai questo, fai anche questo. Intanto che bolle l’acqua, vai a fare il letto: intanto che stiri, fai un’altra cosa…e noi donne siamo brave nel fare questo; per fortuna che il Signore ci ha dotato di questa cosa qui, perché se no…Invece gli uomini, quando fanno una cosa, sono talmente concentrati che non vedono nient’altro. Per cui se loro fanno due cose contemporaneamente, una sicuramente la trascurano. Noi diciamo che sono distratti ma non è vero; l’uomo è troppo concentrato su una cosa e non vede altro. Se il marito sta guardando la televisione e gli dite: “dai un’occhiata al bambino”, tornate che il bambino ha combinato un guaio, ma lui non se n’è accorto, perché era troppo concentrato. Noi invece abbiamo un’attenzione più diffusa e stiamo dietro a dieci cose contemporaneamente.
    Per cui anche quando prego, io ho la musica di sottofondo. E prego meglio; non so cosa farci; sono nevrotica, sono fatta così. Per cui ho bisogno di fare due cose contemporaneamente. La mia testa si concentra solo se sta facendo più cose. Invece mio marito dice: ”io voglio silenzio assoluto, nessuno in stanza se no non mi concentro”. Se sto seduta da sola in una stanza in silenzio, non mi viene nessuna idea. L’idea mi viene nel caos più assoluto. Eh! Siamo diversi. Se lui vuole andare a pescare, se lui vuol guardare la televisione, a me piace la musica e a lui no, (mi dice: Elsa mochela lì, spegni); io di notte, anche in pieno inverno dormirei con la finestra aperta, che sono nata a questa altitudine, quindi per me quell’aria qui…Appena arrivo qui o vado al mio paesello e sento l’arietta, sto subito bene; andare in pianura sto male, l’aria mi dà fastidio.
    Abbiamo gusti diversi, se andassimo al cinema insieme, (non ci andiamo mai, se non una volta ogni due anni) ma io dovrei andare in una sala e lui in un’altra perché non abbiamo gusti uguali. Nel mangiare non abbiamo gusti uguali; lui mangerebbe sempre carne, io la odio. Allora su che cosa andiamo d’accordo? Ma non è mica necessario pensarla alla stesso modo. No? L’importante è che lui si mangia la sua bisteccona alta un centimetro che a me mi fa schifo…e io mangerò la mia verdura e il mio pezzo di formaggio, ma chi se ne frega. Tu vuoi guardare la partita? Guarda la partita. Vuoi andare a pescare? Va a pescare. Io farò altre cose, poi ci reincontriamo. Invece noi caschiamo sempre in questa cosa qui che dobbiamo fare tutto insieme, dobbiamo condividere tutto. Ma non è possibile.
    Quindi imparare il linguaggio dell’altro, sapere che l’altro è diverso e accettare la diversità. Questa è proprio una cosa che dobbiamo tenere in considerazione.

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    Pagina pubblicata il 2 aprile 2001