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Famiglia Insieme
2 Febbraio 2002
incontro sulla comunicazione di coppia

Ultime modifiche:
05.05.2002

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deregistrazione a cura di Beppe e Miranda M.


Il 2 e 3 febbraio 2002 è stato organizzato dalle Piccole Suore della Sacra Famiglia presso la Casa "Santa Maria" a Colpi di Folgaria (TN)
un week-end per famiglie iniziato con un
incontro con Elsa Belotti sulla comunicazione di coppia
sommario
  • IN VIAGGIO PER UN PIANETA SCONOSCIUTO, IL MATRIMONIO
    Essere se stessi | Due lingue diverse | La gomma bucata | Darsi senza calcoli | Disponibili a cambiare
  • TRE LEGGI DELLA COMUNICAZIONE
    La paura del buio | Il lievito | La casa pulita | La lavatrice rotta | Permettersi di stare bene
  • I VERBI NELLA COMUNICAZIONE
    Informare | Chiacchierare | Parlare | Dialogare | Comunicare
  • COMUNICARE
    Avere in comune | Partecipare | Cambiare | Tacere | Aver pudore | Pregare
  • UN CASO DISPERATO?
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    Incontro con Elsa Belotti

    2. Tre leggi della comunicazione

    Vi ricordo solo alcune leggi perché meriterebbe una conferenza solo questo tema.

    Sapete già che la comunicazione tra le persone passa attraverso le parole per una minima percentuale - i pignoli dicono il 7% - un gesto, la postura del corpo, come uno accavalla le gambe in una direzione anziché in un’altra, come si gira, come si muove… Tutte queste cose qui comunicano all’altro molto di noi, più che le parole. E questa comunicazione che si dice "non verbale", cioè non fatta di verbo, non di parola, passa proprio attraverso tutto il nostro corpo e si chiama musica. Perché nella comunicazione c’è la parola e poi c’è la musica.

    Il realtà le leggi della comunicazione sono tre, come le hanno determinate gli studiosi della comunicazione umana:

    1. La prima legge dice: per noi è impossibile non comportarci; per quanto vogliamo fare, è impossibile non avere un comportamento; adesso io ho un comportamento e voi ne avete un altro. Anche mentre uno dorme, ha un comportamento. Difatti la parola ‘comportare’ deriva da “cum portare” => “portare con noi”.
      Quindi abbiamo un corpo e questo corpo si comporta ventiquattro ore al giorno.

    2. La seconda legge è che ogni comportamento che noi abbiamo, è sempre una comunicazione per l’altro e per gli altri.
      Anche se non lo vogliamo, passa sempre una comunicazione da noi agli altri. Magari uno è alla finestra, uno passa per la strada, quello che passa per la strada non sa di essere guardato, ma come cammina, come si guarda intorno etc., manda una comunicazione a chi lo sta osservando. Quel comportamento è sempre una comunicazione.

    3. La terza legge è quella che già ricordavo: in ogni comunicazione c’è la parola e c‘è la musica e la musica che è più importante delle parole che diciamo. Anche perché la musica può coincidere con le parole che diciamo, può essere diversa dalle parole, può essere completamente opposta alle parole che diciamo. Per cui se uno ci incontra e dice: “Oh! Come sono felice di vederti.” ma la sua faccia dice il contrario, noi non crediamo alle parole, crediamo alla faccia. Per cui nella comunicazione tra le persone, le nostre orecchie sentono le parole; quella che io chiamo pancia, che molti di voi sanno cos’è, cioè la nostra parte emotiva, recepisce le musiche.
      Solo che nella nostra cultura stiamo attenti alle parole: “Io ti ho detto così!”. Ma la musica che mi è arrivata era diversa. E noi registriamo la musica; qui nella testa le parole, ma qui dentro nella pancia la musica. Ecco perché a volte incontriamo una persona poi siamo un po’ scontenti quando veniamo via, e diciamo: “Perché sono così scontenta?”. Perché se guardo solo le parole non capisco il perché è andata così e sto male, ma se guardo le musiche capisco perché sono scontenta. Solo che non siamo allenati a percepire le musiche, perché l’educazione che diamo ai bambini è questa: guardiamo solo alle parole. Quando il bambino ci dice qualcosa noi stiamo attenti alle parole, non stiamo attenti a quello che c’è dietro.

    LA PAURA DEL BUIO
    L’esempio semplicissimo è: “Mamma, ho paura del buio!”.
    La mamma cosa risponde? “Non devi aver paura del buio”.
    Attenzione al “devi”; non devi aver paura…
    Sì, ma io ce l’ho”. Non devi - Io ce l’ho.
    Vedete la comunicazione? Il bambino sta dicendo: “Provo dentro qualcosa che mi fa star male.”; comunica con la pancia. E noi diciamo: “non devi aver paura del buio” e facciamo un ragionamento.
    Come fa il bambino a dire: “Dico qualcosa di più a mia madre la prossima volta”? Non ci dirà più niente, perché non lo abbiamo accolto e non lo abbiamo capito.
    Lui ci stava dicendo un’emozione, e noi siamo arrivati con un ragionamento.
    E cosa volete che ci dica? Ecco: state attenti alle musiche.
    Per cui l’intervento è: “Hai paura del buio? E perché? Che cosa pensi che ci sia nel buio? Qual’è l’immagine che ti viene? Vieni qui che facciamo il disegno di quello che ti immagini. Va bene: immagini questo mostro? Adesso andiamo a bruciarlo col fiammifero!”.
    Questo è aiutarlo a superare le paure! Invece noi: “non devi”. E’ come ne noi dicessimo al marito: “Stasera sono proprio triste”. Pensate se il marito ci rispondesse: ”Ma tu non devi essere triste stasera”.
    Noi ci arrabbieremmo di brutto no? Però coi bambini ci permettiamo di dire: ”Non devi aver paura”.
    Non ho voglia di studiare.”, e noi “Figurati; devi studiare!” e noi quando diciamo che non abbiamo voglia di andare al lavorare?

    Allora, tutta la comunicazione passa attraverso le nostre musiche.

    IL LIEVITO
    C’è una comunicazione che leggo spesso perché è piacevole da ascoltare anche per vedere cosa succede tra marito e moglie. È una comunicazione dove ci ritroviamo tutti e un po’ simpatica.

    La moglie dice: “Mi sa che questa torta non riesce, l’impasto non lievita”.
    Marito: “Forse non hai messo abbastanza lievito, hai controllato la ricetta?”.
    Rieccoci!” dice lei.
    Rieccoci a cosa?
    Al lievito!
    Che c’entra il lievito?” dice lui.
    Hai capito benissimo. Sai che mi dai ai nervi, eppure lo fai sempre!
    Maledizione - dice lui - si può sapere di che cosa stai parlando? Dici che la torta non lievita; io dico che l’unica cosa ragionevole - attenzione alla testa! - può essere la mancanza di lievito, e improvvisamente il lievito non c’entra più niente. È colpa del mio carattere!!!
    Certo! Ti interessa più del lievito che di me! Lo so anch’io che potrebbe essere il lievito. Quello che non vedi è che ho fatto la torta per farti piacere”.
    Le donne quando si sentono in difficoltà spostano subito sul lato affettivo.
    Non lo metto in dubbio - dice lui - e mi fa piacere. Infatti mi riferivo solo al lievito, non a te.
    Vedete il ragionamento? Gli uomini sono sempre molto razionali.
    Non so come facciate voi uomini a tenere sempre le cose così distinte. È spaventoso!”.
    No! Il problema invece è come per voi donne il lievito possa diventare il termometro dell’amore”.

    Credo che anche qui, se sostituite il lievito con qualsiasi altra cosa, vi ritrovate tutti.
    Allora una comunicazione così… com’è che potevano comunicare meglio quei due?
    Lei avrebbe potuto dire:
    Sono proprio un po’ incavolata: questa torta l’ho fatta per farti piacere invece non mi è riuscita
    Il marito andava vicino alla moglie abbracciandola e diceva:
    Beh! Cosa me ne importa a me della torta? Ho capito che volevi farmi un piacere e ti ringrazio molto.”. Finita!
    E invece no! E il lievito, il carattere, mi vuoi bene, volevo farti piacere… e scivoliamo sul lievito.

    LA CASA PULITA
    Ci sono alcuni esempi che io faccio da anni; sempre uguali, ma sono quelli più semplici per far capire il concetto.
    Se il marito torna a casa la sera e la moglie dice:
    Sono stanchissima, ho pulito la casa tutto il giorno.
    Sicuramente il marito dice:
    Perché ti sei stancata tanto? Potevi lasciare qualcosa per domani.
    A queste parole la moglie si incavola.
    Se voi guardate solo le parole, non riuscite a capire perché la moglie si incavola. Il marito ha detto una cosa di buon senso:
    Hai fatto troppo; potevi lasciar qualcosa per domani.
    Il marito dice sempre:
    Lascia lì, fai domani, vieni qui a sederti vicino a me.
    Dopo dico perché la moglie non si siede sul divano vicino al marito quando il marito la chiama. Guardiamo le musiche? La moglie ha detto:
    Ho pulito la casa tutto il giorno: sono stanchissima” …parole. Musica è: “Io sono stata brava!”.
    Risposta del marito: “Potevi lasciar qualcosa per domani.” come dire: “Va bene, lo so che sei brava. E’ scontato che sei brava, io lo so!
    Tutto scontato per il marito no? Ecco perché la moglie si arrabbia.

    Vediamo una comunicazione diversa? Se la moglie avesse detto: ”Sono stanchissima, ho pulito la casa tutto il giorno”.
    Potrebbe anche fermarsi qui; potrebbe anche dire:
    Dimmi che son brava.”, ma no, non lo deve dire perché le donne hanno piacere a sentirselo dire senza chiederlo, giustamente.
    Se però il marito avesse risposto: “Guarda, sei bravissima a tenere la casa, mi piace molto, e mi fa piacere entrare in una casa pulita.”, risolto il problema.
    La moglie sarebbe stata disponibile anche la sera nell'intimità coniugale.

    LA LAVATRICE ROTTA
    Altro piccolo esempio: “Ho avuto una giornata tremenda: mi si è rotta la lavatrice”.
    Il marito cosa dice?
    Hai chiamato l’idraulico?
    Perché i mariti pensano sempre alle soluzioni da offrire alla moglie, no?
    E la moglie si incavola anche qui. La moglie dicendo: “Ho avuto una giornata tremenda: mi si è rotta la lavatrice.” Cosa si aspetta? “Dammi una mano adesso. Aiutami, no?
    Se il marito dicesse: “Devi aver avuto una brutta giornata davvero allora; vediamo cosa possiamo fare, adesso ti aiuto io se sei stanca.”. Fine della conversazione.
    La moglie lo sa già che deve chiamare l’idraulico. E sicuramente l’ha già anche chiamato! Perché fino a lì ci arriva da sola a trovarsi la soluzione. Vuole qualche cosa di più da te. Vuole una dimostrazione affettiva.

    Vedete che la comunicazione, se è basata sulle parole e sulle cose, non risolve niente. Dobbiamo sempre chiederci: “Cosa mi sta dicendo affettivamente mia moglie?”, “Cosa mi sta dicendo affettivamente mio marito?”. E allora arrivate a dare la risposta giusta e l’intervento giusto. Tenete sempre presente che tutti i problemi sono affettivi, mai sulle cose.

    PERMETTERSI DI STARE BENE
    Poi l’altro esempio che faccio sempre è che gli uomini sono più bravi di noi donne, cercano di soffrire il meno possibile, invece noi andiamo a cercarcela proprio. Dopo una litigata il marito dice: ”Va bene dai! Adesso dormiamo; è tardi!”.
    Il marito si gira e dorme tutta notte.
    La moglie piange tutta notte inviperita con il marito perché lui si permette di dormire. E gliela fa pagare.
    E io ho sofferto per te”.
    Pensiamo che la sofferenza nostra attivi più amore del marito. Stolte! Stolte! Ci vuole vedere allegre, non che piangiamo. Col pianto e con la nostra sofferenza i mariti si incavolano di più. Fatevi vedere contente: “hai dormito tutta notte? Ho dormito anch’io. M’hai fatto incavolare ma ho dormito anch’io. Adesso però riprendiamo il discorso”. Questo fa la moglie. Non piangere. Ai mariti da fastidio la moglie che piange e che soffre. Invece noi pensiamo che funzioni quel sistema lì delle bambine che piangono, e che attirano la protezione del papà. E cosa te ne fai del papà? Dopo, voglio un marito mica un papà, che mi consola.

    APPENDICE A “LA CASA PULITA”
    A proposito del marito che dice alla moglie:
    Siediti qui sul divano un po’ con me.
    E i mariti lo dicono una volta, due volte, tre volte e poi non lo dicono più. Noi donne lo diremmo trenta volte, ma loro lo dicono tre volte e poi non lo dicono più. E fanno bene.
    La moglie dice:
    Figurati se posso sedermi: devo ancora finire la cucina, devo attaccare la lavatrice etc. come faccio a sedermi vicino a te?
    È vero che ci son le cose da fare, però qualche sera potrebbe sedersi vicino al marito. Perché non lo fa? Perché se non si siede le rimane il poterucolo di dire: “Vedi, ti permetti di star seduto, io poverina, no.

    Questo facciamo noi donne.

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    Pagina pubblicata il 2 aprile 2002