Perdonami A. Galli, giugno 2000
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SEPARATI, LA SPERANZA OLTRE IL FALLIMENTO/3
«Il nostro pane sarà sempre amaro?»
Padre Giovanno Muraro: talvolta si ammettono con disinvoltura i divorziati risposati al sacramento dell'Eucarestia Ma così aumentano disorientamento e disagio
di Antonella Mariani
«Un padre non nega il pane ai suoi figli. Perché allora la Chiesa ci nega il pane eucaristico?».
Questa domanda di un fedele divorziato e risposato ritorna spesso nella memoria di padre Giordano Muraro) teologo, tra i massi- mi esperti in Italia del rapporto tra la Chiesa ei divorziati. Ritorna perché è colma di sofferenza e anche di insoddisfazione nei con- fronti derm~st~rodella. Chiesa, che però è e deve essere un punto di riferimento ogget-tivo per tutti.
Padre Muraro, perché i separati divorziati sono insoddisfatti delle proposte del magistero della Chiesa?
"Perché ritengono che la loro esclusione dai sacramenti sia una discriminazione. Dicono che la Chiesa invece di aiutarli aggiunge sofferenza alla loro sofferenza. Si chiedono per- ché non vengano riammessi ai sacramenti, che sono momenti fondamentali di incontro con Dio. Però questa insoddisfazione nei confronti delle soluzioni proposte dal magistero la troviamo anche tra i pastori».
Vuole dire che anche alcuni parroci intraprendono percorsi diversi da quelli previsti dal magistero?
"Sì: in alcuni ambienti-parrocchie e movimenti ecclesiali talvolta i divorziati risposati vengono ammessi all'Eucarestia. Questo atteggiamento aumenta la confusione nei fedeli, i quali finiscono per sentirsi autorizzati al fai-da-te, cioè a decidere quello che ritengono meglio per la propria vita o a cercarsi il sacerdote o il confessore che ammette i divorziati ai sacramenti.
Nel 1993 anche i vescovi dell'Alto Reno proposero una strada alternativa. Che fine fece quella proposta?
«fusi proposero che in certi casi i fedeli divorziati risposati potessero essi stessi, in coscienza e dopo essersi consigliati con persone qualificate,.prendere la decisione e la responsabilità di accostarsi ai sacramenti. Non si trattava quindi di una riammissione ai sacramenti,: ma di una scelta responsabile del fedele. L’anno seguente quella Proposta non fu ritenuta sostenibile da parte della Congregazione per la dottrina della fede».
E lei personalmente come la pensa?
«Io credo che solo seguendo le indicazioni del magistero si ha la certezza di percorrere una via che porta alla salvezza. Infatti il Magistero - a differenza del teologo - è stato insignito dallo Spirito del potere di presentare le verità dottrinali e pastorali per aiutare le persone a orientarsi nella vita con una parola che abbia carattere di autenticità».
Detto questo, quale risposta dà a un divorziato risposato che sente il desiderio di unione con Dio?
«Dico che deve guardare il dato oggettivo: questi cristiani non vivono l'amore nel modo che Dio ha proposto. Anche se fossero riammessi ai sacramenti, lo status di vita (la nuova unione, ndr) continuerebbe a rimanere in contrasto con l'insegnamento di Cristo, Per questo il magistero propone ad essi una via di salvezza proporzionata alla loro situazione: cercheranno la misericordia di Dio, come si legge nel documento "ReconciIatio et poenitentia”', per altre vie, non per quella dei sacramenti della Penitenza e dell’Eucarestia, ma attraverso il desiderio di Dio alimentato dalla Parola, dalla PreghIera, dal sacrificio eucaristico e dalla fraternità. Bisogna però constatare che molti chiedono la riammissione ai sacramenti non per motivi religiosi, ma socio-psicologici».
Ci spieghi meglio quali sarebbero i motivi socio-psicologici?
«Be', è fuori di dubbio che i sacramenti sono, ancora una realtà pubblica e che in qualche modo manifestano lo stato di coscienza di una persona. Un caso tipico è quello di chi torna nel paese natale in occasione di un anniversario importante. Se fino all' anno prima ha fatto la comunione, come spiega ai parenti perché ora non la fa più? Un altro caso: alla comunione,del figlio, che figura si fa' davanti alla gente non accostandosi all'Eucarestia?».
Questi motivi forse hanno meno rilevanza per la Chiesa di quanta non ne abbiano quelli delle persone spinte da un vero desiderio di appartenenza ...
«Sì, certo. Ci sono quelli che dicono; "lo dal buon Dio non mi separo". Fin qui tutto va bene; del resto lo stesso magistero dice che i divorziati risposati non sono separati né da Dio né dalla Chiesa. Ma poi alcuni di essi aggiungono: "Voglio alimentare la mia vita, con quelli che sono gli strumenti normali per un cristiano, tra cui i sacramenti". Hanno una motivazione veramente religiosa, certo, Ma si pongono al di fuori della strada indicata dal magistero».
Antonella Mariani
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| E IO MI ASSOCIO Sostegno psicologico e consulenza legale nei gruppi di auto-aiuto. Il filo conduttore è più o meno lo stesso: offrire sostegno psicologico e consulenza legale ai genitori separati. Organizzando incontri per una mediazione familiare che riesca a valorizzare, il ruolo di padri e madri anche quando non vivono più sotto lo stesso tetto, nella convinzione che i figli non debbano fare le spese di un rapporto fallito. Per questo si sono costituite diverse associazioni di separati, alcune di ispirazione cristiana. Come l'Associazione famiglie separati cristiani, presieduta da Ernesto Emanuele e diffusa in varie parti d'Italia ma con quartier generale a Milano (info 02/6552308), che vuole diffondere una nuova cultura della paternità per il recupero del ruolo educativo della sua figura. L'Associazione fa parte del Forum delle famiglie e collabora con l'Ufficio Cei per la pastorale della famiglia. E per avere una mappatura completa delle associazioni italiane che a vario titolo si occupano di separazione e divorzio, si può consultare il sito dell'Associazione, alla sezione "Iink" (www.papaseparati.it). (E.Z.) Vai a inizio pagina | vai alla pagina principale | torna alla pagina precedente | |