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Parole chiave
- donarsi
- saper ricevere
- amarsi e amare
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La relazione di Elsa Belotti2. Dare e ricevere.
La seconda margheritina ha a che fare con il significato dell’amore che di solito noi predichiamo di amare e donarsi; questa frase è anche sostenuta dal Vangelo che dice: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere” e questo è altrettanto vero, ma c’è anche tanta gioia nel ricevere; bisognerebbe aggiungere anche questo.
Allora è vero che amare è donarsi, certamente, non possiamo negarlo, però non dimentichiamo l’altra metà che è il saper ricevere.
Di solito faccio questo esempio. Se ad una festa, san Valentino, compleanno o l’anniversario ecc., arrivassimo tutti due col regalino, tutti due vogliamo dare, regalare e l’altro non è disposto a ricevere il regalo, come la metteremo?
Si ferma il gioco tra noi due; cioè se uno porta un regalo è sottinteso che l’altro è disposto ad accoglierlo ed è anche vero che se uno riceve un regalo volentieri, fa un regalo a me perché io mi sento contenta d’avergli fatto un regalo e di averlo azzeccato.
Quindi chi è che dà e chi riceve?
Chi ha dato ha ricevuto, chi ha ricevuto ha dato praticamente.
Riportato alla coppia, le mogli che hanno una certa età a volte escono con questa espressione: “Io sono stata una buona moglie, non ho mai detto di no a mio marito (loro intendono a letto) allora questa moglie pensa di aver donato molto a suo marito perché ha sempre detto di sì a letto; in realtà questa moglie sta dicendo un’altra cosa, che è sotto il tavolo, e che io adesso vi traduco; questa moglie sta giocando con suo marito al gioco del più bravo:
“Chi è stato più bravo tra me e te?”. Sottinteso: “Sono stata io perché sono sempre stata io a donare a te qualche cosa; tu a me che cosa hai dato? Niente perché io a letto non te l’ho mai chiesto”. E’ amore questo qua? .
Quindi le donne che non chiedono a letto non è che non desiderano, spesso desiderano ma non chiedono perché se chiedono devono poi riconoscere di avere ricevuto qualcosa e magari anche di dire “grazie” al marito. Sarebbe bello dircelo a vicenda tutti e due, dopo aver fatto l’amore, ma se io non te lo chiedo mai sono sempre in credito, cioè sono stata più brava di te. Ma questo non è amore.
Allora è vero che amare è donarsi ma anche, e - io dico - soprattutto, saper ricevere, apprezzare quello che l’altro ci dà, nel modo in cui ce lo sa dare, perché la persona che sposiamo non è che ci ami esattamente come noi desideriamo; fargli i complimenti è renderlo migliore.
Se il marito esce con qualche cosa non a posto, i calzini non abbinati alla camicia ecc. la moglie cosa dice? “Cambiati che mi fai fare brutta figura” ed è anche vero. Ma se mio marito dopo un anno o tre o cinque di matrimonio non è migliorato come persona, lì sì che faccio una brutta figura perché il più bel complimento che possono farci è: “Da quando l’hai sposato è diventato un uomo più in gamba!”. Lì sì che faccio una bella figura perché significa ho saputo ricevere e apprezzare quello che mio marito mi ha dato.
Quindi è vero che amare è donarsi ma anche - ripeto - soprattutto ricevere, apprezzare quello che l’altro ci dà.
Le mamme soprattutto peccano in questa cosa qui, le mamme vogliono solo dare, provate solo a fare un regalino a certe mamme; dicono che non dovevate disturbarvi, non dovevate spendere i soldi e dicono: “Tienilo tu che io non ne ho bisogno”. La fatica di ricevere. Le mamme vogliono solo dare per sentirsi brave ma la prova più grande dell’amore è quella di saper ricevere.
- Questa margherita la troviamo nel Vangelo quando Gesù dice: “Ama il prossimo tuo come te stesso” ma siccome noi siamo tutti masochisti, l’abbiamo tradotto con “più di te stesso” ma Gesù non dice “più”, dice: “Ama il prossimo tuo come ami te stesso”, sottinteso che se non amo me stessa agli altri arriva poco, quindi l’amore per me stessa è la misura dell’amore che avrò poi per gli altri.
E il prossimo più prossimo per noi chi è? E’ il marito ed è la moglie, ama tuo marito come ami te stessa; ma se non amo me stessa, cosa arriva a mio marito? Arriverà ben poco.
E Gesù prende dall’Antico Testamento una frase che è scritta al negativo: “Non fare all’altro quello che non vuoi che sia fatto a te”. Gesù prende questa frase e la trasforma al positivo: “Fai all’altro quello che vuoi che sia fatto a te”.
Tradotto nella coppia: “Fai a tuo marito quello che vuoi che tuo marito faccia”.
Un esempio. Siccome noi donne, tutte, nel matrimonio ci lamentiamo: “Non mi corteggi più, non mi coccoli più come nel fidanzamento”, allora anche qui è meglio tacere; comincia tu a corteggiare tuo marito e a coccolare tuo marito; sicuramente capisce prima di tanti litigi; se litighiamo l’altro si mette sulla difensiva.
Un altro esempio è questo. Mi lamento con te perché non mi fai più sorprese, sai che a me fan piacere le sorprese. Anche qui se io non dico a mio marito che non mi fa più le sorprese e lo tormento per questo, la prima volta che mi fa una sorpresa non saprò mai se me l’ha fatto perché l'avevo tormentato io o perché aveva voglia lui di farmelo, e così mi rovino la soddisfazione della sorpresa. Per cui anche qui taci, comincia tu a far la sorpresa a tuo marito, sicuramente capisce senza tante discussioni.
Questo vale anche per l’aspetto sessuale perché noi, noi donne siamo un po’ tremendine; noi ci aspettiamo che il marito sappia già tutto quello che ci fa piacere, ci aspettiamo che il marito capisca quello che fa piacere a noi senza dirglielo, che è una bella pretesa.
Se non glielo dico, già lui ha una testa diversa dalla mia, se poi non gli dico neanche quello che mi fa piacere.
Allora, anche in questo caso, sono inutili i litigi, musi eccetera; basta una sera prendere il marito e dire: “Ascolta tu stasera stai fermo, ti faccio vedere io quello che mi fa piacere” sicuramente capisce prima. Invece noi siamo sempre lì e aspettiamo il principe azzurro che sa tutto, invece i mariti non sanno niente.
E a proposito del giudizio, siccome ama il prossimo tuo come te stesso e noi sappiamo che il giudizio di Dio sarà sull’amore per gli altri, sulla carità, ma se l’amore per gli altri dipende da un amore che ho per me, allora quando io arriverò là sopra, il Signore mi chiederà solo questa cosa qui: “Ma tu quanto ti sei voluta bene?”. Questo mi chiederà, non mi chiederà altre cose, mi chiederà solo se io ho voluto bene a me stessa e siccome noi pensiamo sempre al giudizio di Dio come il castigo (ci castigherà, ci punirà), quando non arriviamo addirittura al concetto di vendetta di Dio, in realtà il giudizio di Dio sarà questa cosa qui: noi arriveremo là e lui sarà per noi uno specchio chiarissimo, lucidissimo e grandissimo in cui ciascuno di noi si vedrà esattamente com’è, quindi sarà una cosa bellissima il giudizio.
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