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La relazione di Elsa Belotti8. Ambivalenza.
Ottava margherita. E’ il pilastro importantissimo di ogni matrimonio: si chiama ambivalenza.
Che cosa è l’ambivalenza?
E’ provare sentimenti opposti verso la persona che amiamo; cioè verso la persona che sposiamo non proviamo solo sentimenti di amore, affetto, tenerezza, disponibilità, desiderio, proviamo anche il contrario: rifiuto, non sopportazione, un po’ di odio, un po’ di rancore, un po’ ti strozzerei.
Questa è l’ambivalenza.
Tradotto, quante volte nella nostra coppia diciamo: “Come sono innamorata di mio marito” e altre volte ci chiediamo: “Ma come ho fatto io a sposare un uomo così?” Viceversa sempre dei giorni che desideriamo andare a letto col marito e dei giorni che guai se ci sfiora con un dito, dei giorni che daremo la vita per i nostri figli, dei giorni che proprio li butteremo dalla finestra.
Questo non significa che non amiamo più il marito e i figli, questa è la realtà, fa parte della realtà provare queste cose opposte. Non parliamo di noi donne per questioni ormonali di ciclo, ci son dei giorni al mese che facciamo fatica a sopportarci da sole, ci sono coppie che litigano per anni a scadenza mensile e non si rendono conto di cosa si tratta, siamo molto condizionate dagli ormoni. Anche gli uomini hanno un ciclo però è molto più lungo, non è visibile e soprattutto i cambiamenti ormonali nell’uomo sono molto leggeri, nella donna sono molto profondi per cui un uomo psicologicamente non riuscirebbe mai a sopportare i nostri sconvolgimenti ormonali; per fortuna degli uomini il Signore li ha affibbiati a noi donne.
Chi non sa che c’è l’ambivalenza, quando prova i secondi sentimenti, mette in discussione tutto: l’amore, l’universo, il matrimonio. Se provo questa cosa qui vuol dire che non lo amo più e invece no, fa parte della realtà.
Ambivalenza vuol anche dire: “Tu sei buono ma sei anche cattivo, mi vuoi bene ma sei anche in grado di farmi del male, proprio perché mi vuoi bene mi fai soffrire; delle volte mi capisci così bene e delle volte proprio non capisci un tubo, delle volte mi ami come io desidero, delle volte non ci riesci.” Questa è l’ambivalenza.
Ambivalenza vuol anche dire, ammettiamo che mio marito oggi abbia un comportamento che io non mi sarei mai aspettata da lui, capita tante volte; se io accetto l’ambivalenza, cioè se sono abbastanza matura accetto l’immagine che oggi mio marito mi dà di sé stesso e faccio tacere e morire tutte le immagini che io ho avuto di mio marito finora perché la sera che ci siamo sposati eravamo già diversi, dopo un mese, dopo un anno, dopo anni, la vita ci cambia un po’, non profondamente, dicevo prima, però la vita ci cambia un po’.
Per cui la coppia che va bene è la coppia che cambia, la coppia che si aggiusta in continuazione.
Sui cambiamenti reciproci; invece noi che cosa ci diciamo?
“Ma io ti pensavo diverso”
“Ma sono cambiato?”
Cioè uno non può essere come era cinque anni prima.
In consultorio: una donna. Parla lei perché parlano sempre le donne.
Dopo un quarto d’ora che parla lei, dò un’occhiata a lui per invitarlo; lui interviene e dice: “Mai io non so cosa vuole mia moglie, siamo sposati da dieci anni ma io sono ancora quello”
Dico: “Male, guardi che il problema sta proprio lì, uno non può essere come era dieci anni prima”.
E il test, la prova in assoluto più alta dell’amore qual è?
Che chi ama cambia. Per cui la persona che ama è la persona che dice: “Per far andar bene il mio matrimonio io sono cambiato, mi sono ribaltato, ho begato, ho pianto, ho rivoluzionato tutto”.
Questa è la persona che ama.
Se uno dice: “Io sono ancora quello”, di amore ne ha passato poco! E invece ci giustifichiamo così, come se fosse un vanto il non essere cambiati.
L’ambivalenza ha poi anche un bel significato: che noi non possiamo mai dare per scontato di conoscere l’altro.
Dopo quarant’anni di matrimonio non ci conosciamo ancora bene.
Allora nella coppia c’è sempre la novità, perché c’è sempre se ci vogliamo bene, se siamo innamorati, il gusto di conoscere sempre di più l’altro e non finiremo mai di conoscerlo perché anche dopo, quando avremo ottant’anni, se saremo ancora insieme, non so come si comporterà mio marito in una situazione, non so nemmeno come mi comporterò io. Quindi c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire dell’altro.
In questo senso la persona che sposiamo per noi è un mistero; Solo che la parola mistero la intendiamo come qualche cosa di incomprensibile, invece mistero vuol dire inesauribile. Tutti i misteri della fede sono inesauribili, non smettiamo mai di approfondirli, di conoscerli, di illuminarli.
Nel Vangelo questa margherita mi piace moltissimo perché è al centro di tutta la nostra fede; mettiamo insieme queste tre frasi: che Dio è amore, siate perfetti come il Padre vostro, se non diventerete come i bambini.
- Allora la prima frase “Dio è amore”.
Quando ci dicono che Dio è amore diciamo: “Sì, va bene, lo so da anni che Dio è amore”. Però esattamente cosa vuol dire? E poi perché posso davvero dire che Dio è amore? Altrimenti sarebbe solo una frase. Posso dire e posso credere che Dio è amore, perché Dio è cambiato: da Dio è diventato uomo, il più grande cambiamento che Lui poteva fare l’ha fatto.
Dall’infinitamente grande all’ infinitamente piccolo di un ovicino fecondato, questo è il nostro Dio, allora io ci credo che Dio è amore. E per quanto ne dica s. Agostino, diceva che il mistero della Trinità non si può conoscere, credo che sia il mistero più facile da capire e per noi sposati dovrebbe essere anche più facile da capire. Se posso dire che Dio è amore, l’amore che cos’è? Se io chiedessi a ogni coppia qui che cos’è il vostro amore, potreste darmi tante definizioni ma quella più corretta è questa: “L’amore è una relazione.” E’ la relazione tra voi due; allora se Dio è amore e l’amore è una relazione, può essere un Dio da solo là sopra? Impossibile, se l’amore è una relazione, devono essere almeno in due.
E se l’amore è vero qual è la prima conseguenza della logica di quell’amore? Che quell’amore diventa fecondo, ecco il figlio, ecco la Trinità; per cui quando la coppia diventa gruppo con un figlio, è ancora di più immagine della Trinità e qualsiasi discorso che facciamo sulla spiritualità di coppia dovrebbe partire da questo.
- La seconda frase “siate perfetti come il Padre vostro”.
Potremo anche pensare che è un modo di dire, come facciamo ad essere perfetti come Dio? Ma siccome il Signore la usa dobbiamo prenderla sul serio; solo che la parola perfezione noi la intendiamo così, un quadro perfetto, un’opera d’arte scolpita come la pietà di Michelangelo, però è immobile, fredda.
La parola perfezione deriva dal latino “per fare”, fare attraverso, quindi siamo di nuovo al significato del cambiare. Quindi siate perfetti come Dio cosa significa?
Siate in cambiamento, siate in movimento come è in movimento Dio nella storia dell’uomo."
- Terzo “se non diventerete come bambini”, non infantili evidentemente.
Che cos’hanno i bambini di diverso da noi? Una cosa che si vede a occhio nudo, probabilmente l’avete vista anche stamattina dicendo ai vostri bambini: “Dai che andiamo là”.
I bambini non hanno paura della novità, non hanno paura del cambiamento, di fronte a un cambiamento i bambini hanno subito l’entusiasmo, siamo noi che abbiamo paura del cambiamento. Allora se non diventerete come bambini nella novità del cuore, cioè non sarete disposti al cambiamento o alla novità, non capirete un tubo della novità che io vi ho portato.
E a proposito del cambiamento, fra le pagine del Vangelo, per non dire in ogni riga, c’è questo invito: “Cambiate! Cambiate! Cambiate!”
Se cambiate avrete la mia gioia, questo è l’invito del Vangelo; siccome cambiare noi stessi è la cosa che odiamo di più perché richiede una faticaccia, allora l’umanità, cioè ciascuno di noi preferisce ammalarsi, soffrire, persino morire, ma non affrontare la faticaccia di cambiare noi stessi.
Questo è il motivo per cui il Vangelo viene capito poco ed è il motivo per cui non abbiamo molta gioia, altrimenti se come cristiani vedessero la nostra gioia, sicuramente gli altri avrebbero una testimonianza molto più efficace.
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