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La relazione di Elsa Belotti12. Testa e pancia.
La lingua, la testa e la pancia:
con la lingua diciamo le cose, con la testa le pensiamo, con la pancia le proviamo.
Testa e pancia è il nostro cervello.
- L’emisfero di sinistra è quello razionale che ragiona, che ha buon senso, che capisce le cose; questo è quello di sinistra che io chiamo testa. La testa è cresciuta con noi, ha la nostra età, quindi noi ragioniamo benissimo per l’età che abbiamo.
- Quest’altro emisfero è quello emotivo, quello che prova le cose. Qui ragioniamo e proviamo emozioni, sentimenti, affetti, istinti, paure, desideri, gioie, insofferenze, rabbie, delusioni. Questo emisfero io lo chiamo pancia per dare un po’ un’immagine che poi è anche vero che le cose le proviamo con la pancia: se siamo tesi, agitati, ansiosi, l’intestino è quello che ne va di mezzo.
La testa che ragiona ha la nostra età, la pancia che prova non ha la nostra età; è solo il vecchio saggio che ha testa e pancia sullo stesso livello, ma noi che non siamo vecchi saggi abbiamo la pancia ferma indietro e possiamo avere anche pezzi di pancia fermi a età diverse. Un pezzo di pancia fermo a due anni, un pezzo a cinque, a dodici, a quindici ecc.
Facciamo qualche esempio.
- Penso sia capitato a tutti di dire: “Domani vado là e vedrai cosa gli dico, vedrai cosa faccio”, questa è la testa che ragiona; la pancia quando arriviamo là ci frega e facciamo il contrario perché i sentimenti, le emozioni sono più forti dei nostri ragionamenti altrimenti basterebbe sederci a tavolino dieci minuti e non ci sarebbero le guerre, non ci sarebbero certe cose col ragionamento, è che le emozioni sono più forti e hanno il sopravvento.
- Nella nostra società sono in aumento le donne che quando hanno un bambino cominciano a star male: esaurimenti, depressioni post-parto ecc. Vediamo di capire il perché. Quando nasce un bambino, sicuramente la mamma è sopra i vent’anni, quindi la sua testa che ragiona bene dice: “Questo bambino dipende in tutto da me, sono io responsabile, tocca proprio a me”, questa è la testa che ragiona. La pancia delle donne depresse è ferma da zero a due anni di età, è sempre successo qualcosa entro i due anni, ma arrotondo a cinque; la pancia di cinque dice: “Ma che cavolo ti è saltato in mente di fare un bambino vero? Io al massimo gioco con una bambola a cinque anni.” La testa dice “tocca proprio a te”, la pancia dice “che cavolo t’è saltato in mente di fare un bambino vero?”; nella guerra tra testa e pancia ecco la malattia. La malattia qui non ce la manda Dio, ce la fabbrichiamo in casa quando testa e pancia non vanno d’accordo. Sono le donne che, oltre che a fare una faticaccia ad alzarsi di notte per il bambino, quella la facciamo tutti, sentono il rifiuto di farlo e molti fatti di cronaca si spiegano solo con la pancia se no sarebbero inspiegabili.
- Bambini maltrattati: è la pancia di cinque che maltratta il bambino di cinque perché con la testa di trenta non si maltratta un bambino; non so, i sassi dal cavalcavia, due anni di età, le violenze, la pedofilia, queste cose qui, è un bambino di cinque che fa le cose con un bambino e con la testa di quaranta, cinquant’anni non potrei mai pensare di fare delle cose del genere.
- E anche l’aborto si può spiegare solo con la pancia. Un cervellino, anche solo di tre anni, non butterebbe mai via un bambino vero nella spazzatura, ma questo è possibile a una pancia di sei mesi che dal seggiolone prende il bambolino e lo butta in un angolo perché si è stufato. Poi noi possiamo girarla, pirlarla e contarcela su come vogliamo, ma l’aborto è solo esclusivamente questo: prendere un bambino vero e buttarlo nella spazzatura. Allora io non entro nel merito della sofferenza delle donne che abortiscono perché le vedo, ma non ho mai visto donne pentite di aver tenuto un figlio, mai. Ne ho viste diverse pentite di non averlo tenuto. Dal punto di vista di un’analisi psicologica, la legge dell’aborto, sta urlando che viviamo in una società dove le pance sono ferme molto ma molto indietro. Una pancia adulta non concepisce un figlio che non desidera perché sta attenta e se proprio capita un figlio, la pancia adulta è in grado di accoglierlo serenamente, qualunque sia il problema da affrontare.
- Facciamo un esempio anche sui mariti così pareggiamo il conto, comunque vale anche per le mogli. Un marito che sfarfalleggia ancora in giro, vuol dire che ha la pancia ferma a diciassette anni d’età perché è a diciassette anni che uno si guarda intorno e dice: “Ma io devo chiudermi in casa tutta la vita con questa qui? Con tutto il ben di Dio che c’è in giro, dò ancora un’occhiata.” Per cui la fedeltà è una questione di maturità di pancia, una pancia adulta rimane fedele per sempre, chi non è fedele è perché ha la pancia ferma a diciassette anni di età. E questa è la margherita più grossa e siccome è la più grossa, nessuno la vede: che scegliere vuol dire rinunciare a tutto il resto, è talmente evidente ma nessuno ci bada mai. Se scelgo un lavoro devo rinunciare a tutti gli altri, se sposo questo uomo devo rinunciare a tutti quanti gli altri uomini passati, presenti e futuri, a tutte quante le altre donne passate, presenti, future ed è soltanto una pancia adulta che può fare una scelta di questo genere. Dico che è ferma a diciassette anni perché dopo i diciassette vengono i diciotto, cioè quella per cui, secondo la legge, solo secondo la legge, è la maturità. Per cui dai diciassette ai diciotto ho l’ultimo gradino della maturità da fare; la mia pancia si trova in cima alla scala e dice: “Sta attenta perché se fai questo gradino qui, ti butti nella maturità una volta per tutte, non puoi più tornare indietro a giocherellare, a fare la diciassettenne". E l’ultimo gradino è il più difficile.
Quindi se vi chiedete: “Come faccio a capire dove è ferma la mia pancia?”, date per scontato che un bel pezzo è fermo a diciassette anni di età per il motivo che ho appena detto.
Poi in consultorio, da come le donne piangono si capisce il livello di pancia, prima ancora che comincino a parlare; ci son donne che piangono come neonati, donne che piangono come bambini con i singhiozzi, donne che piangono come ragazzine, è un test abbastanza attendibile.
Questo vale anche per le donne che piangono quando fanno l’amore: non sono innamorate.
Facciamo anche un altro esempio che merita una premessa.
Quando succede qualcosa di grave a noi, per esempio un incidente, continuiamo a raccontare quello che ci è capitato perché raccontandolo ci liberiamo la pancia di quello che abbiamo provato, emozioni, paure ecc.; infatti diciamo “mi sono sfogata”; chissà perché ai bambini non riconosciamo questo bisogno, questo diritto, se succede qualcosa di grave a un bambino, la cosa più grave è che muoia un genitore, gli adulti come si comportano? “Taci che sta arrivando il bambino”, cioè nessuno parla a quel bambino lì, invece il bambino avrebbe bisogno di una persona adulta che gli dicesse: “Vieni qui, scrivi quello che hai dentro, disegnalo, urlalo, butta per aria qualcosa ma tira fuori quello che c’è in te!", altrimenti la pancia e le emozioni si bloccano lì.
Un signore mi diceva: “Io ho perso il mio papà a sette anni, venivano le donne a consolare la mia mamma, quando andavano via, pacche sulla mia spalluccia e mi dicevano “Mi raccomando fai il bravo ometto, stai vicino alla tua mamma!”. Questa è una crudeltà, forse non avete ancora ben messo a fuoco la crudeltà di una frase del genere detta a un bambino. La mamma poteva piangere e disperarsi, lui a sette anni doveva fare l’ometto e ha fatto talmente bene l’ometto che quando è arrivato da me con sua moglie gli ho detto: “Guardi che lei è una persona miracolata se si è sposato perché uscire da una mamma così non è mica facile.” Infatti questo uomo, da ragazzo, gli piaceva andare a fare la sua partita di calcio; tutte le domeniche pomeriggio si preparava con la sua sacca e tutte le domeniche pomeriggio, mentre stava uscendo, la mamma era seduta sul divano che piangeva e lui stava lì a far compagnia alla sua mamma: queste sono le fregature di una mamma. Quindi che sia riuscito a sposarsi era già un miracolo: figlio unico di madre vedova!
Sapete qual è la cosa più importante nell’educazione di un bambino? Vi stupirà ma è aiutare il bambino a tirar fuori la rabbia che noi gli accumuliamo dentro perché noi siamo tremendi con i bambini: "E stai fermo!", "E stai zitto!", "E ti sei bagnato!", "E mi fai tribolare!", "E guarda come sei disordinato!". Tutto il giorno noi facciamo così e non ce ne accorgiamo. Dovrebbero filmarci; noi non sopporteremo alle spalle una persona così tutto il santo giorno, però con i nostri bambini ci permettiamo di farlo, e questo tormento osiamo chiamarlo educazione? Ma si chiama tormento!
La cosa più tremenda che fa una mamma col bambino: quando il bambino è arrabbiato la mamma lo sgrida, lo punisce, gli dice: “Un bravo bambino non fa così”. E che cosa deve fare? Accumulare. A vent’anni scoppierà. La cosa più tremenda che fa la mamma è dire al bambino arrabbiato “Sei cattivo”.
Allora spiego la differenza tra senso del peccato e senso di colpa. Il senso del peccato è il senso morale per peccati che realmente commetto: ho sbagliato, questo è il senso del peccato. Il senso di colpa è psicologico per colpe che non ho commesso. Quindi il senso di colpa è questa cosa qua. Un bambino non amato dai suoi genitori non dice: “Che cavolo hanno questi due qui che non mi vogliono bene?”. Magari potesse dire così ma non può. Il bambino prova di pancia: “Cosa ho fatto io di male se i miei genitori non mi vogliono bene? Sicuramente sono io che ho qualcosa che non va, i miei genitori non possono sbagliare quindi io sono sbagliato.” Autostima zero. E poi tutte le scelte sbagliate che facciamo nella vita, anche i matrimoni che saltano, saltano per sensi di colpa, pensiamo di non meritarci un matrimonio felice. Questo è il senso di colpa.
Se la mamma dice al bambino arrabbiato “sei cattivo”, lui registra nel suo computerino la sequenza: sono arrabbiato, sono cattivo, mi sento in colpa di essere cattivo, adesso ne combino una più grossa così la mia mamma mi punisce e io faccio tacere il mio senso di colpa. Cioè ho sbagliato, ho pagato, ho pareggiato il conto. Ecco perché le mamme spesso dicono ai bambini: “Ma le vuoi proprio prendere eh?” Certo che le vuole prendere, perché prendendole fa tacere il suo senso di colpa.
L’umanità, cioè noi, è in grado di sopportare qualsiasi sofferenza, non un senso di colpa. Un senso di colpa, la storia dell’umanità insegna, chiama subito una sofferenza per essere messo a tacere; quindi dove trovate una sofferenza, c’è sempre dietro un senso di colpa da pagare.
Cosa bisogna dire al bambino arrabbiato? “Vedo che sei molto arrabbiato, hai anche ragione perché la mamma ti ha detto di no, adesso puoi fare la lotta con papà.
Quando si ha un bambino si va a prendere al mercato un cuscino di quelli belli grossi e si dice: “Questo è il cuscino della rabbia; quando sei arrabbiato vai a dare i pugni al cuscino”. “Qui ci sono dei giornali stracciali con rabbia, fai i coriandoli poi raccogliamo tutto” ma permettiamo al bambino di tirarla fuori la rabbia.
Se andate a vedere la storia delle persone che commettono reati nella nostra società, anche gli ultimi fatti familiari, troverete sempre questa cosa qua: sono persone che da bambini hanno accumulato molta rabbia e ad un certo punto è esplosa. E infatti se leggete le interviste ai vicini di casa, cos’è che sorprende sempre? “Ma era così buono”, appunto era troppo buono, ne aveva accumulata troppa.
Ho fatto tutta questa premessa per il caso seguente. Una bambina perde la mamma all’età di otto anni, la bambina non può ragionare e dire: “Perché la mia mamma è morta?” ma abbiamo detto, la pancia prova: “Cosa ho fatto io di male se la mia mamma è morta?”. Siccome non c’è nessuna che aiuta la bambina a tirar fuori quello che prova, la pancia si blocca lì a otto anni, poi cresce e sui vent’anni ha i disturbi in aumento vertiginoso, nella nostra società sono le famose crisi di panico; non riesce a guidare la macchina da sola, non riesce a far l’amore con suo marito. Con la testa ragiona e dice: “Perché io non devo far l’amore con mio marito? Gli voglio bene l’ho sposato? Perché non devo andare in macchina da sola?”. Questa è la testa che ragiona, ma la pancia si è fermata a otto anni di età e manda a dire: “Guarda che una bambina di otto anni non va in macchina da sola e non fa queste cose a letto con un uomo.”. Per cui questo marito ha a letto una donna di vent’anni come testa, ma come pancia -a livello affettivo, emotivo- ha una bambina di otto anni; cosa farebbe con una bambina di otto anni? Certamente non farebbe l’amore, infatti lei dice: “Ma io la sento una violenza.” Naturalmente anche lui ha la pancia ferma a otto anni se no non si sarebbero sposati. Cosa bisogna fare? Bisogna tornare indietro, vedere dove si è fermata la pancia, qui è facile, la morte della mamma a otto anni- e aiutare questa pancia a crescere fino ad arrivare a vent’anni ma sarà una faticaccia tremenda, richiede molti anni e anche tutta la vita. Infatti quando mai noi arriviamo alla saggezza, testa e pancia sullo stesso livello ? Quindi è un impegno per tutta la vita quello di far crescere le nostre pance.
Questo caso mi aiuta a spiegarvi tre disturbi sessuali in aumento nella nostra società.
- Coppie giovani che non consumano il matrimonio.
Perché si beccano proprio loro due che hanno lo stesso problema? [Lei ha paura di subire, lui di agire]: perché si sono incontrati proprio loro due? O non sono innamorati oppure quasi sempre queste persona chiedono dopo un po’ la dichiarazioni di nullità, non l’annullamento del matrimonio che non è mai esistito. È che sono due pance di cinque anni che al massimo si abbracciano, non possono andare a letto.
- Secondo disturbo ancora più in aumento: coppie giovani che vanno bene per un po’, anche a letto, poi diminuiscono la frequenza dei rapporti, poi non fanno più niente. Arrivano in consultorio e mi dicono: “Noi stiamo tanto bene insieme, in sintonia perfetta, ci divertiamo, ma a letto non facciamo più niente.” Cosa c’è che non va? O anche qui non sono tanto innamorati, che noi critichiamo tanto la Chiesa che ci dice di aspettare, andiamo a letto con facilità e saltiamo tutte le tappe per costruire un buon rapporto sessuale. Andiamo a letto e facciamo del sesso, della ginnastica, piacevole ma sempre ginnastica è: questo è il sesso.
Far l’amore è un’altra cosa, significa costruire una buona comunicazione di coppia a tutti i livelli della nostra personalità, per cui far l’amore significa comunicare, non chiacchierare. A livello fisico, ma non basta perché altrimenti è ginnastica, e molto spesso quando ho davanti coppie che si separano e chiedo: “Come andavate a letto?” mi dicono: “L’unica cosa che funzionava era questa.” Allora non basta la ginnastica buona, ma una buona comunicazione a livello emotivo, dirci tutto quello che proviamo “quando tu fai così provo questo, oggi ti sei comportato in questo modo e io mi sono sentita così, rifai quel gesto più lentamente su di me che voglio ascoltarmi bene poi ti dico cosa ho provato”; questa è l’intimità. L’intimità non è andare a letto ma denudarsi, farsi conoscere profondamente dall’altro. A livello affettivo siamo cresciuti nel nostro modo di volerci nene, siamo più maturi, facciamo l’amore in maniera più completa rispetto a un anno fa, a livello intellettivo: “Cosa ne pensi di questa notizia del telegiornale?", "Leggi questo articolo che poi ne parliamo insieme!", "Che riflessioni hai fatto su quello che ci è capitato oggi in casa?”. A livello spirituale, la dimensione spirituale è importantissima nelle persone. Quando la gente viene da me, dopo un po’ di sedute dico: “Guardi se c’è un problema fisico, c’è il medico che glielo cura, se c’è un problema psicologico io sono qui e le curo la parte psicologica, ma se dimentica la parte spirituale lei non guarirà mai”. Sono le tre componenti della persona, fisico, psichico, spirituale, ma se non curi lo spirituale che significato hai dato alla tua vita? Che significato vogliamo dare al nostro matrimonio? Che rapporti hai tu con quello là sopra del primo piano?
Una buona comunicazione a livello dell’immaginario, delle fantasie (anche erotiche); costruire una buona comunicazione a tutti questi livelli non è mica facile.
E allora va tutto bene finchè va tutto bene nella coppia, poi basta un litigio più grosso, quasi sempre la nascita di un figlio che sconvolge le pance non cresciute -perché lì dobbiamo metterci l’ultimo vestito che è quello dei genitori ed è il più difficile- la pancia va in tilt e dice:
“Io adesso non mi muovo di qui finchè non mi fai rifare tutte la tappe che mi hai fatto saltare.”
- Terzo disturbo sessuale: una coppia molto giovane, sposata da pochi mesi; lei piange e lui è molto a disagio, potrei dirglielo io il problema che ha:
“Hai scoperto tuo marito [...da solo]?”.
“Sì”.
“Tuo marito guarda anche film porno?”.
“Sì”.
“Tuo marito vuole uscire spesso con gli amici?”.
“Sì, come fa lei a sapere queste cose?”.
Mettete tutto insieme, che pancia vien fuori? Una pancia di quindici anni; è a quindici anni che [...da soli], è a quindici anni che uno guarda dal buco della serratura quel che fanno gli altri, e se pensate al giro di miliardi a livello porno, capite il grado di maturità della nostra società. E poi è una questione di intelligenza. Cioè se io sono innamorata, non ne ho abbastanza di una vita intera per realizzare la mia fantasia erotica, ma se devo guardare certi film, faccio un torto alla mia intelligenza, alla mia creatività. Poi non mi sembrano film tanto creativi, sono sempre le solite tre cose. Allora la giovane moglie smette di piangere e mi dice:
“Va bene, mi curi mio marito se ha la pancia a quindici anni.”
“Aspetta, ho una domandina da fare anche a te, e so già la risposta:
"[In quale di questi due modi ... provi il massimo del piacere ... con tuo marito]?”
“Solo con la manipolazione.”
“Ecco hai quindici anni di pancia anche tu.”
Il sessanta per cento delle donne ha questo problema; due possibilità:
- Prima possibilità: non si è innamorate, perché se non provo [piacere con mio marito], vuol dire che non mi lascio andare del tutto, se non mi lascio andare del tutto, vuol dire che non mi affido, se non mi affido vuol dire che lui non mi ha convinto, non l’ho messo sul trono, insomma c’è qualcosa che non va.
- Seconda possibilità : si è innamorati però la sessualità è ferma a quindici anni, bisogna fare ancora l’ultimo gradino della maturità sessuale.
Facciamo anche due esempi sui bambini.
- Un bambino di tre anni che va all’asilo, di solito piange perché lascia la sua mamma; di fronte al bambino che piange la mamma cosa dice?
“Non piangere, tanto dopo la mamma torna a prenderti.”
A queste parole il bambino piange di più, vediamo di capire il perché.
Il bambino piangendo ha comunicato con la pancia “sto male a lasciare la mia mamma”. La mamma risponde “dopo torno”, dice al bambino una cosa senza senso. Un cervellino di tre anni non è ancora in grado di capire il concetto del prima e del dopo, lo capisce a sei sette anni.
Un bambino fino a sei anni parla così: “domani sono stato”, “ieri andremo”. Quindi cosa vuol dire dopo? Ma la mamma rispondendo così risponde con la testa; il bambino parla di pancia, la mamma di testa, non si capiscono, il bambino piange di più perché lui che è molto logico e nella sua testolina, si dirà:
“Ma come fa la mia mamma a non capirlo, glielo sto gridando che sto male?” e allora il bambino pensa:
“La mia mamma non mi ha capito forse, devo alzare il volume, piango un po’ di più, forse la mia mamma capirà.”
Tutti i problemi che abbiamo coi bambini li abbiamo per questo, che i bambini urlano sempre di pancia, noi andiamo sempre giù di testa con i nostri ragionamentini.
- Una bambina di sei anni ricomincia a farsi la pipì addosso, la mamma che crede di essere brava, cosa dice alla bambina?
“Ragiona, spiegami, perché fai così, sei grande, sei sempre stata così brava”.
Vedete i ragionamentini, ma la bambina lo sta già urlando perché fa così, è nato il fratellino, cosa resta da fare a quella bambina lì? Alzare il volume, farsela addosso dieci volte di più: "Forse la mia mamma capirà; questa è la logica dei bambini che è la vera logica.
Poi sul discorso dei bambini che alzano il volume, dovremo star qui delle ore perché loro continuano ad alzare il volume, noi andiamo giù a punire, non capiamo niente, non capiamo i loro messaggi. Dico solo tra parentesi: tutti i problemi dei bambini sono problemi dei genitori che i bambini si addossano. Ieri ho ricevuto un ragazzo di trent’anni che fuma hascisc, marijuana eccetera “Ma la smetti di metterti sulle spalle il problema di tua mamma?” Ha la madre che va dalle cartomanti ed è dipendente dal mago e lui è dipendente dal fumo. Gli dico: “Ma cosa continui ad urlare a tua madre che è dipendente? Non è un problema tuo, lasciala dov’è tua madre!” I figli si addossano i problemi dei genitori e lo urlano ai genitori senza riuscirci per cui oltre al danno hanno la beffa. Questo comunque è tutto un altro discorso, ve lo farò la prossima volta.
Per cui cosa bisogna dire al bambino che piange?
Gli dico: “Siediti, piangi finchè dentro senti la voglia di piangere”.
Potete fare tutte le prove che volete, il bambino smette di piangere perché gli avete riconosciuto il diritto di piangere, di star male, cosa che coi bambini non facciamo mai: i bambini devono star male quando lo diciamo noi e come lo diciamo noi.
Il bambino dice: “Mamma ho mal di pancia.”
Spesso le mamme rispondono: “Impossibile, non t’ho dato niente che ti facesse male ieri”.
Cioè è come se uno di voi dicesse: “Io oggi ho un gran male di pancia” e dicessi “Lei oggi non deve avere il mal di pancia”. "Ma io ce l’ho!".
“Sto male oggi a lasciare la mia mamma”. “Non devi star male, tanto dopo torno”. “Ma io sto male.”
Non so se capite le cavolate che facciamo coi bambini.
Comunque la spiegazione è un’altra: non è il bambino che sta male a lasciare la mamma, è la mamma che sta male a lasciare il bambino altrimenti il bambino piangerebbe il primo giorno, è normale, poi non piangerebbe più. Allora i bambini, che hanno le antenne lunghe, capiscono il problema della mamma e piangono per accontentarla; appena la mamma gira l’angolo il bambino non piange più.
Problema del lettone.
Tutti i bambini vogliono andare nel lettone coi genitori ed è una cosa normale fino a sei anni, va presa con pazienza, anche perché il bambino, che è logico, dice: “Ma com’è che loro due sono insieme e io sono da solo a dormire?”
Logico, ma quando la cosa diventa esagerata oltre quell’età, allora la spiegazione è diversa. La mamma con la lingua dice al bambino il bel ragionamento di testa: “Ragiona, vedi che stiamo stretti, che bello il tuo lettino, ti faccio trovare il regalino sotto il cuscino”. La mamma non si rende conto ma passa con la faccia un’altra cosa al bambino, che il bambino capisce: “Per favore vieni!”. La mamma non sa di dirlo. Se c’è il bambino in mezzo, si fa poco; allora il bambino non capisce di cosa si tratta ma intuisce che deve fare un piacere alla sua mamma e difatti il piacere glielo fa: risolve il problema sessuale della sua mamma.
E questo è un altro test per le coppie: dove la coppia va bene, questo problema non esiste, se non nei termini normali di età che ho detto prima.
Fuori i bambini dalla camera da letto. Quando si torna a casa dall’ospedale si tiene in camera fino ad un anno di età; in questo modo eviterete le morti bianche nella culla, perché un bambino in una stanza da solo ha più ossigeno, fa più fatica a respirare ma soprattutto non mettiamo i bambini a dormire a pancia in giù perché è pericoloso; i bambini devono dormire come noi, sul fianco destro, rannicchiati. Comunque se si ha intenzione di fare qualche cosa o spostate il bambino o vi spostate voi, andate in bagno, in cucina, in salotto, compratevi un sacco a pelo di riserva, ma NON in una stanza dove c’è un bambino.
Il mondo è pieno di bambini che dormivano e che hanno visto e sentito tutto e per un bambino è un trauma che corrisponde a una violenza.
Tutta questa margheritona la troviamo nel Vangelo in una frasettina di Gesù: “Non preoccupatevi di quello che entra nel vostro corpo, perché dopo esce e va nelle fogne; preoccupatevi di quello che avete detto e che può uscire”. Cioè preoccupatevi di quello che avete nel cuore, dei vostri sentimenti, purificate i vostri sentimenti. Una volta si diceva cuore, oggi si dice “inconscio”. Io l’ho chiamata pancia ma è sempre la stessa cosa.
A proposito di purificare i sentimenti: quando leggiamo nel Vangelo: “Perdona il tuo nemico”, d’ora in poi non leggerete più quella frase lì, cioè le parole stampate rimango queste, ma voi leggerete un’altra frase: “Il nemico non esiste.” Se io ti considero nemico, per definizione, io devo odiarti perché se ti vedo come un nemico, come faccio a perdonarti? È impossibile; ma se io ti vedo come un povero Cristo, un povero diavolo, come si usa dire, un povero fratello stolto che non ha capito niente, forse arrivo a perdonarti. Cioè nessuno sceglie il male per il male: io ti ammazzo perché per me è meglio che tu scompaia dalla faccia della terra; confondo quel male come bene.
Quindi il nemico non esiste, sei solo un fratello stolto che non ha capito niente, allora, con fatica, posso arrivare a perdonarti.
Se la suocera mi fa incavolare, io sto dando a mia suocera il potere di agire sui miei sentimenti. Io devo toglierglielo quel potere lì: se voglio arrabbiarmi lo decido io, ho il potere io dei miei sentimenti, tu non ce l’hai. Cioè se io mi arrabbio, è perché dò il potere ad un altro di farmi arrabbiare, sulla strada, sul lavoro, eccetera; ma io te lo tolgo questo potere, ti sorrido, non hai il potere di agire dentro di me, tu non hai questo potere.
Quindi, quando il Signore dice “perdona” a noi è difficile perché pensiamo che se ti perdono faccio un regalo a te; “stolti, stolti” dice il Vangelo; se io non ti perdono sto male dentro perché mi viene l’odio, la vendetta, mi ammalo, insomma mi rovino la vita; se ti perdono faccio un regalo a me perché sto bene dopo, io sto bene se ti perdono.
Eh, bisogna rifletterci su.
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